La prima volta fui invitato da un amico italoamericano appena dopo il mio arrivo nel 2010, e non sapevo cosa aspettarmi: 3.000 ospiti in smoking e lungo, tutte le televisioni del paese, ospiti che andavano da attori ed artisti famosi al Presidente e svariati politici italiani. Il tutto mischiato con banchetti che promuovevano mozzarella molisana, soppressata calabra, violini di Cremona, prugne di Ravenna, in un mercato caciarone di emigrati. Il Covid ha poi ridotto notevolmente la partecipazione: questo fine settimana siamo solo in 1.000 e mancano i banchetti di formaggi e salumi, ma in compenso i VIP abbondano.
Partecipare costa caro: $1.000 dollari per una buona cena, alzarsi a cantare i due inni, e sentire svariati discorsi celebrativi per questa o quella persona, ed i messaggi di auguri dal Papa, Presidente e Primo Ministro italiani, ed infine quelli di Biden e Trump. Mentre la pompa magna istituzionale interessa poco, è stupefacente il grado di networking. Si passa dal conoscere l’attore di Hollywood, al Ministro o Presidente di Regione italiana, al molto più prosaico potenziale cliente, fornitore, datore di lavoro o collaboratore. È così che scopri che interi settori economici sono fortemente presidiati dagli immigrati, una cosa che non vediamo in Europa.
Al tavolo con me due italoamericani di seconda generazione, nati qui negli anni 50-60, che stasera si son portati dietro figli e consorti per introdurli a questo o quel personaggio e creare rapporti di amicizia che si dimostrino utili negli anni. Sono tutti intenzionati a riacquisire la cittadinanza italiana, per poi venire nel nostro paese come turisti, o trasferirsi in pianta stabile come pensionati. Il tema del ritorno al paesiello emerge sempre, e quest’anno l’Italia ha anche promosso un’iniziativa per agevolare le decine di migliaia di italoamericani interessati, Italea (qui)
Per me è interessante conoscere persone che durante il giorno fanno un qualsiasi mestiere, e poi nel tempo libero si impegnano così tanto per mantenere tradizioni che in Italia nel frattempo sono sparite, o affievolite. Non so quanti tra voi lettori producano pommarola, salsicce e vino in casa: sono dei lavoroni e prendono tempo e costi importanti, rispetto al comprarsi i prodotti al mercato. Non stupisce neanche che la platea abbia reagito molto meglio ai saluti di Trump che di Biden: il primo ha mandato un messaggio divertente, giocato sugli stereotipi classici, il secondo non ci ha messo molta fantasia e non ha provato nemmeno a scusarsi per il passo falso del Columbus Day, che la sua amministrazione ha sostituito con la festa degli indigeni.
Buona parte degli italoamericani provenienti da New York e dintorni sono tornati a casa in tempo per partecipare al convegno di Trump, segno che la comunità è più vicina a lui che alla Harris. Ancora qualche giorno e vediamo chi la spunta e si insedia sulla poltrona più alta del paese il prossimo gennaio.