IL Cameo


Grazie a Renzi è arrivato l'arrotino Draghi

Il Conte Bis è stato dimissionato dal “furb da pais” (piemontesismo) Matteo Renzi, l’unico animale politico rimasto su piazza. Il Draghi Uno è stata una scelta coraggiosa del Presidente Mattarella. Quindi, cominciamo dai ringraziamenti.

Da venti mesi le nostre élite politiche, economiche, culturali (con stampa mainstream al seguito) erano succube del delirio di potenza-impotenza di un pugno d’inetti guidati da uno sconosciuto membro del Deep State, con un’opposizione che ripeteva, come un disco rotto, “elezioni, elezioni” (inutili, perché se anche le vinci ti abbattono a colpi di spread), fingendo di non conoscere...

... le regole che presiedono a una repubblica parlamentare.

Un grazie a Matteo Renzi che ha deciso, con grande coraggio politico, di togliere l’ossigeno, dopo averlo sciaguratamente fornito, al peggior governo della nostra storia repubblicana. I suoi risultati, in termini di “morti per milione di abitanti”, di “perdita del PIL”, di mostruoso aumento dei “debito pubblico”, con un centinaio di miliardi gettati nella fornace delle spesucole amicali, richiedevano il licenziamento in tronco dell’intera squadra. Con il Governo Conte abbiamo toccato il fondo, abbiamo portato al vertice dello Stato l’inettitudine ignorante (nel senso che tutti ignoravano tutto, di tutto).

Un grazie al Presidente Mattarella di averne preso atto, e di aver dato l’incarico a Mario Draghi (lo chiamano “professore” come Mario Monti, ma è ben altro).

Un grazie a Mario Draghi di aver accettato l’incarico, immagino per carità di Patria. Con un curriculum come il suo, impeccabile in tutte le sue giravolte professionali fra pubblico, privato, istituzioni internazionali, questa accettazione ha una sua giustificazione solo in prospettiva: diventare fra un anno Presidente della Repubblica, e forse togliersi qualche sassolino. Grazie a lui ci verranno evitate le ignobili sceneggiate che ogni sette anni ci vengono propinate dal regime (pardon, dal sistema). In quest’anno lui dovrà sia ottimizzare la logistica vaccinale, sia impostare il Recovery, soprattutto dargli un’anima. Si tratta di “investire in debito buono” 209 miliardi, sottraendoli a una banda di chiacchieroni inetti, senza curricula, senza vision, senza futuro.

Il suo programma? E’ già scritto, è contenuto nella sua lettera (segreta) inviata al Governo Berlusconi nel 2011. Che piaccia o meno (a me non piace) è CEO capitalism in purezza, modello che ha vinto, pardon, dopo il Virus di Wuhan, ha stravinto.

Con lui ci sarà coerenza fra ideologia-obiettivi-execution. Finalmente le élite si sporcheranno le mani nell’execution con un loro leader, vero e certificato, prenderanno in mano direttamente loro il potere, evitandoci gli imbarazzanti maggiordomi (braccia rubate al Parlamento), come è stato nel caso degli ultimi cinque premier.

Con lui ci sarà l’allineamento con i desiderata di Francoforte e di Bruxelles e, sia chiaro, solo in quel quadro, verranno preservati, per quando possibile (di lui come persona mi fido) gli interessi marginali italiani.

La ricreazione delle opposizioni anti globalizzazione selvaggia, anti Cina, anti Silicon Valley (sacrosanta, ma mal condotta) verrà definitivamente sbianchettata. Il CEO capitalism  non teme gli oppositori violenti, ma quelli miti, però non corruttibili.

Ricordiamo che lui è l’inventore del mitico pilota automatico che permette una gestione fluida dello Stato, in coerenza con quella della Commissione e la BCE, e la massima efficienza dei lavori parlamentari (con lui è preferibile votare sempre sì o astenersi). La sua cucina è CEO capitalism in purezza, ma nei contorni trovi una sincera umanità, assente negli altri suoi colleghi.

Editori, direzioni, redazioni, dovranno riposizionare i media, perché con Mario Draghi il gossip e la politica politicante non troveranno spazio. Con lui perdita di copie e riduzione delle pagine e dei talk sono assicurati. Il ruolo del giornalismo politico, com’è stato interpretato negli ultimi tempi, nella sua imbarazzante oscenità, diventerà irrilevante. Il CEO capitalism in purezza non ama gli applausi sguaiati, preferisce l’allineamento silenzioso.

E le opposizioni? O si allineano (lo faranno, se vogliono sopravvivere, il lepenismo non paga) o si danno alla macchia (non credo).

Oppure, permettetemi un sorriso finale, la mitica terza via: i contrari si abbonino a Zafferano.news (è gratis) perché per quelli del CEO capitalism in purezza l’unica opposizione inaccettabile è quella o degli Assange o di noi miti ma eleganti apòti in purezza. Che Dio ci benedica.

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In questo numero hanno scritto:

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Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa