... particolare amore alla realtà e quell’emozione profonda per l’essere umano – in tutta la sua grandezza e miseria, nei suoi picchi e abissi, nel suo desiderio inesausto di vita e felicità, nonostante le condizioni tremende – che costituiscono la chiave letteraria dell’autore russo.
A un certo punto, però, devo dire che in un’ottica storico-politica Grossman sostiene che comunismo e nazismo siano la stessa cosa, ideologie inevitabilmente di Stato che schiacciano la libertà della persona. Allora, si alza sempre qualcuno (anche dietro a uno schermo) che dice che non è vero o che non è d’accordo. Non si capisce mai se non sia vero che Grossman lo dice – ma sì, lo dice, e si riferisce proprio al comunismo e non solo allo stalinismo, ma al movimento nel suo insieme (anzi, in Tutto scorre se la prende più con Lenin che con Stalin) – o se non è d’accordo che lo dica. Io passo il tempo a spiegare che è proprio così, ma che non se la devono prendere a male né i comunisti né i fascisti (Grossman pensa al nazismo, all’anglosassone, come a una forma di fascismo): Grossman ce l’ha con la tendenza dell’uomo a essere ideologico. Ce l’ha anche con l’ideologizzazione del cristianesimo, del buddhismo, della ricchezza, della povertà, della filosofia e dell’etica.
Grossman capisce che dietro l’ideologia c’è sempre un essere umano con le sue ragioni di vita, che ricompaiono appena l’ideologia perde la sua stretta su di lui, ma che scompaiono di fronte alla ripetizione di concetti e frasi fatte senza alcuna corrispondenza con l’esperienza, sotto i colpi della propaganda dei mass media e della violenza dei corpi di sicurezza e, soprattutto, nella segreta menzogna del cuore dell’uomo. Ideologia in questo senso ha una parentela stretta con l’idolo, come in tutta la tradizione ebraica. Si può essere ideologici a partire da qualsiasi tipo di idolo. Non ci sono buoni e cattivi, allora, e forse è questo che fa paura. Grossman capisce che ogni essere umano tende all’ideologia, cioè alla sostituzione della realtà e delle sue profonde domande di significato con risposte precostituite e parziali, in nome delle quali diventa possibile ogni violenza.
Io lo spiego e lo rispiego, ma non convinco mai l’interlocutore offeso. Non c’è niente da fare: Grossman ha scritto queste pagine nel 1960 ed è ancora uno scandalo, nonostante si tratti un’analisi antropologica ed esperienziale di difficile smentita. Inutile dire che è uno scandalo a sinistra, fascia da cui provengono di solito gli interlocutori, ma anche a destra, sempre molto minoritaria negli incontri culturali. Curiosa cartina di tornasole, non vi pare? Ma le ideologie non erano finite? Forse no, e ciò spiega anche la faccia attenta e seria, e alle volte le lacrime, degli altri ascoltatori.