Quattro i punti dello schema che, a titolo esemplificativo, ho deciso di applicare alla guerra ucraina, scelto come tema-cavia del Chiostro:
1. Si dà per conosciuto, in modo approfondito, il contesto di riferimento;
2. Si rifiuta qualsiasi coinvolgimento politico, culturale, emotivo verso i quattro attori, raffigurati nei loro diversi ruoli: Russia come invasore; Ucraina come invaso; UE come fornitore di armi e di quattrini; America vogliosa di uscire comunque da questa guerra.
3. L’approccio è tipico del pensiero contro-intuitivo e soffuso di ironia caratteristico di IDEA, mentre il suo linguaggio è tutto basato sull’execution, quella che sta alla base di qualsiasi accordo di business, di guerra, di pace, di vita.
4. Il lettore deve ricevere una serie di informazioni e di possibili processi legati alla bruta realtà degli eventi. Sarà lui ad arricchirli o meno delle componenti ideali e umane qua assenti. In altri termini, il pezzo giornalistico si fa “semilavorato” del pensiero definitivo sul tema che ha affrontato. È evidente che con questo processo il tasso di odio, ormai insito nello scontro fra analisi diverse (modello talk show italico) si diluisce, facendosi scenario.
Proveremo a disegnare uno scenario di riferimento, un mix fra informazioni disponibili, vincoli oggettivi, psicologia dei leader, come si fa nei Chiostri di IDEA, che impongono di lasciare in guardaroba le proprie ideologie, soprattutto le proprie arroganze intellettuali. Ecco alcune assunzioni basiche.
Donald Trump ha sempre considerato la guerra in Ucraina come un inciampo, lasciatogli dal suo predecessore. Gli americani, dem e rep, quindi anche Trump, convengono su un solo nemico mortale, Xi Jinping, e sono terrorizzati che lo Zar, vecchio e sconfitto ma sempre con il pollice sul pulsante rosso, possa venir cooptato, definitivamente, nella scuderia cinese.
Per Trump e per l’America, Putin è l’unico leader al mondo che considerino strategico, per un aspetto ovvio, un sottosuolo di 11 fusi orari, oltre 6.000 atomiche, e l’Artico russo, il mitico passaggio a nordovest. Probabilmente, questo gli ha fatto capire, e Lavrov glielo ha riconosciuto esplicitamente, che anche la Russia teme, di più, è terrorizzata, per i propri confini europei. Riflettiamo seriamente sul concetto delle cause profonde di ogni conflitto che Putin ripete da quattro anni. In fondo sono le stesse che rendono fragile la tregua in Palestina.
La cultura della velocità, che l’Occidente ha mutuato dalla Borsa valori, non è compatibile con le regole del compromesso alla base dei processi di pace e del far geopolitica. E quindi anche del giornalismo di guerra.
Al contempo, Trump sa benissimo che Putin non si permetterebbe mai di attaccare un qualsiasi paese europeo “Nato-protetto”, perché scatterebbe il mitico articolo 5 e la Russia verrebbe polverizzata, certo, con l’Europa a seguire. La nota posizione di “sfilarsi” di Trump, nella brutalità tipica degli Imperi, è chiara: “Tocca a Volodymir Zelensky trovare un accordo con la Russia, se non lo trova non conti più sull’Impero americano, quindi per la protezione e per i quattrini si rivolga a UE”. Quella delle sanzioni sul petrolio e risposta della Cina quando si conosceranno i dettagli potrebbe essere una sceneggiata ad usum Delphini.
Trump vorrebbe usare in Ucraina lo stesso format della Palestina, però sa perfettamente che qua non è applicabile. Benjamin Netanyahu è conscio invece che senza i missili americani l’Iron Dome ha due settimane di vita. E senza Iron Dome, e in prospettiva Accordi di Abramo, Israele è morta.
Nel Chiostro, arriveremo così al cuore del problema. Anche Trump leader indiscusso di questa fase sta cominciando a capire che tutti e quattro gli attori (Ucraina, Russia, Europa, America) sono in un cul de sac. L’approfondimento di questo aspetto si concentra nel rispondere a tre domande che noi europei non ci vogliamo fare:
1 A chi conviene veramente che la guerra ucraina finisca?
2 Che ruolo ha l’atomica “tattica” russa?
3 Siamo sicuri che non ci sia uno scenario (un evento choc) che farebbe immediatamente finire la guerra?
Nel Chiostro rifletteremo anche sul “non detto” e sul “non scritto”, tipico della complessità.
