Vita d'artista


250 anni

Qualche giorno fa sono stata alla conferenza stampa riguardante il prossimo importante anniversario dell’Accademia di Belle Arti di Brera, il suo 250.mo compleanno. 

Mi ha colpito un piccolo cenno del Direttore riguardante lo statuto originale di Maria Teresa d’Austria, che voleva fare diventare Brera la nuova cittadella delle arti e delle scienze, dove l’insegnamento sarebbe stato promosso da istituzioni laiche e non più religiose, con il compito di “sottrarre l’insegnamento delle belle arti ad artigiani ed artisti privati, per sottoporlo alla pubblica sorveglianza e al pubblico giudizio”. Direi che la visione della straordinaria imperatrice sia stata vincente, perché a tutt’oggi il palazzo di Brera è ancora così vissuto e visitato.

Nel 1773 con l’acquisizione da parte dello stato del collegio di Brera, fino a quel momento occupato dalla Compagnia di Gesù, i locali vennero adibiti ad accogliere il grande progetto di Maria Teresa d’Austria. Oltre all’Osservatorio Astronomico già presente, furono aggiunti la grande biblioteca pubblica ( la Braidense, a mio parere uno dei luoghi più belli di Milano) la Società patriottica poi diventata Istituto lombardo di scienze e lettere, l’Orto Botanico e nel 1776 la celebre Accademia di Belle Arti di Brera. Con l’Arciduca Ferdinando, figlio di Maria Teresa, e il ministro plenipotenziario Firmian, l’Accademia ricevette un appoggio importante, consapevoli infatti che la formazione di una nuova generazione di artisti potesse rilanciare l’immagine culturale e in fondo anche politica del ducato.

Con il segretario Carlo Bianconi, pochi anni dopo, si comprese la necessità di dotare l’Accademia di una propria collezione per la formazione degli artisti. Si iniziò quindi a comprare gessi, disegni e incisioni che furono la base della raccolta dell’attuale enorme collezione della Pinacoteca di Brera, arricchita anche e successivamente dalle requisizioni napoleoniche. L’architetto Piermarini, rinnovò il palazzo creando il portale neoclassico che è ancora oggi l’ingresso principale di Brera, oltre che ricoprire il ruolo fondamentale di prima cattedra di Architettura. Qualche anno dopo Giuseppe Bossi, creò una Galleria ( la Pinacoteca) aperta agli studenti e al pubblico, trasformò l’intero sistema didattico, e sull’esempio parigino promosse le esposizioni annuali e i concorsi ai quali gli allievi erano chiamati a partecipare.

Una storia di un mondo fervente e partecipato, in una Milano un po’ diversa da quella che è oggi, dove gli artisti contano poco o nulla. Ma ancora, a dispetto di tutto, un valore: la vita che portano i 4500 studenti che ogni giorno frequentano quel luogo, studenti di più di 40 paesi diversi, che con il loro su e giù giovane e un po’ dinoccolato rendono vero un quartiere che è ormai quasi del tutto gentrificato.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.