All’entrata della mostra si viene accolti da un autocarro, non propriamente poetico, con un imponente braccio meccanico e una scritta, con la tipica grafia a mano libera (però al contrario e sottosopra) della parola CIELO. Non so se sia metafora di un qualcosa che si vede piuttosto di rado a Milano - quest’anno è pure tornata la nebbia - di certo mi appare un’accoglienza tormentata.
Come del resto è un po’ tormentata la mostra, con tanti "segnali" diversi, dal quotidiano alle visioni spiazzanti, dall’idea dei "lavori in corso" che invade lo spazio lindo del Pac. C'è anche un'opera molto citata, "Tilt", un lungo guardrail che si snoda come un serpente nel percorso espositivo, ma anche in facciata, con le sue lastre di zinco, nella sua identità di dispositivo stradale, ma su marmo di Carrara.
E che dire dell’opera "M", un cartello stradale d’ingresso alla città di Milano, appeso a rovescio come un lavoro stradale malriuscito. Fa pensare a una Milano che cade invece di "salire", a dispetto della narrazione che la città ha di sé, tutta grattacieli, aziende e ricchezza, quando invece è sempre più cara e invivibile. Altri lavori di Maloberti sono più poetici, come la Madonna girata verso il muro, o l’installazione di libri aperti con un coltello in mezzo, omaggio a Pasolini e dal titolo "Petrolio".
E così alla fine esco, un po’ snervata, pensando al nuovo problema in ballo dopo dieci anni di infinita pazienza per la metro: il Comune ha ora ha deciso di ridisegnare le aree urbane per “riqualificarle”. Ed è così che noi residenti ci troviamo a lottare contro un progetto che dividerebbe la nostra via tra numeri pari e numeri dispari, con aree di sosta differenti. In altre parole, non si avrà più il diritto di parcheggiare dove abbiamo sempre parcheggiato. L’ostinazione burocratica di questa amministrazione, pronta a occupare ogni centimetro del suolo pubblico per poi eventualmente/probabilmente pesare sui cittadini a suon di sanzioni, non assomiglia alla Milano che ha accolto i miei genitori così generosamente, e nella quale mi sono formata io. È diventata, come altre, una città di obblighi e divieti, cara, malsicura e in fin dei conti autoritaria. E così, per la prima volta nella vita, ho lanciato un petizione: chi vuole aiutarci, la può trovare qui.