Eppure la bandiera così come la conosciamo, appare solo con la Rivoluzione francese: quando durante la Rivoluzione francese fu issato il primo Tricolore, si trattò di una novità assoluta. Una delle sue prime rappresentazioni è nell’imponente “La Liberté guidant le peuple” del 1830, di Eugène Delacroix. La Marianne, personificazione della Francia e in questo caso anche della Libertà, è colta nell’attimo in cui avanza sicura sulla barricata, sventolando la bandiera francese nella mano destra e impugnando invece nella sinistra un fucile con una baionetta, simbolo della sua partecipazione attiva alla battaglia. La donna, immersa nella folla tumultuosa, è in abiti del tempo, a seno nudo (Delacroix per preciso realismo le dipinse anche i peli sotto le ascelle, cosa che non piacque ai contemporanei) e a piedi nudi.
E’ un quadro molto acceso, piuttosto violento. Intorno alla Libertà, Delacroix unisce personaggi di varia età e classe sociale: c’è il ragazzino a lei vicino, armato di pistole, simbolo del coraggio e della lotta della gioventù contro l’ingiustizia della monarchia assoluta, sulla sinistra l’intellettuale borghese, che viene da sempre ritenuto l’autoritratto dell’artista, ai suoi piedi un manovale, che guarda la fanciulla pieno di speranza. Intorno un ammasso di corpi, guardie, insorti, cadaveri. Dietro il fumo degli incendi e degli spari e la polvere sollevata dai rivoluzionari, si intravedono le torri gemelle della cattedrale di Notre-Dame, come dire, siamo a Parigi. Secondo Argan, che ravvisa nella composizione piramidale con a capo il Tricolore, una similitudine con “La zattera di Medusa” di Gericault, Delacroix inverte ” la direzione del moto delle masse, che nella zattera va dall’avanti all'indietro, e nella Libertà viene in avanti, si precipita verso lo spettatore, lo prende di petto, gli rivolge un discorso concitato”. Lo definisce anche “ il primo quadro politico della storia della pittura moderna”.
Il quadro fu esposto al Salon del 1831 e poi acquistato dal governo francese che lo voleva esporre nella Sala del Trono al Palais de Luxembourg , per poi venire giudicato forse un po’ troppo “rivoluzionario” anche per il “Re Borghese” Luigi Filippo. Fu così confinato in un attico, sprofondando nell’oblio per una cinquantina d’anni. Ora è visibile al Louvre, naturalmente.