Ma dalla questione della schiavitù antica fino alla rivoluzione digitale, passando per la rivoluzione scientifica seicentesca, per quella politica giacobina o per il totalitarismo novecentesco, non si può dire che non si sia preoccupata di capire che cosa stesse accadendo.
Negli ultimi 6 mesi è la terza volta che il Papa parla di AI. In questo caso ha forse fatto il riassunto: AI è uno strumento affascinante, utile e pericoloso. Il pericolo maggiore consiste nel varcare la soglia della decisione, in particolare su altri esseri umani. Le macchine scelgono attraverso gli algoritmi, solo gli esseri umani decidono tra bene e male. Soltanto a essi deve essere riservata la decisione su altri esseri umani. Quindi, bando all’uso giudiziario e militare dell’AI. Se ci facciamo del male, almeno decidiamolo noi.
In secondo luogo, gli strumenti non sono mai neutrali perché dipendono da chi li imposta e in questo senso è fondamentale la politica con le sue scelte, che devono soprattutto imparare a non uniformare. Il Papa consiglia a tutti i “grandi” la lettura del libro di Benson, Il padrone del mondo, una specie di Signor CEO che riesce a dominare il mondo con le maniere buone e le parole giuste (e scritto più di 100 anni fa).
I punti sono entrambi interessanti. Il primo ricorda la scelta fondamentale di quest’epoca culturale, che riguarda soprattutto il primato antropologico. L’essere umano vive una differenza almeno di grado con il resto della Natura, di cui può essere responsabile solo in quanto elemento di coscienza superiore. Qui si gioca una delle partite culturali vere e una delle più contestate attualmente. Sono in molti a dire che l’antropocentrismo va superato in nome della natura o dell’efficienza. È l’essere umano, con questa sua capacità di libera decisione - e di indecisione – a ostacolare un mondo più giusto e sostenibile.
Il secondo punto è altrettanto significativo. A differenza del “nichilismo gaio” anni ‘90 del secolo scorso per il quale non c’erano fatti ma solo interpretazioni, siamo entrati da almeno un decennio nell’era del moralismo univoco e uniforme: ci sono le interpretazioni giuste, che vanno nel senso giusto della storia (una frase iconica di Obama), e quelle sbagliate. In pubblico si possono sostenere solo le prime, senza dubbi e, tantomeno, senza domande. In privato ciascuno faccia ciò che vuole purché non dica nulla perché anche il dire qualcosa “lede la libertà altrui”, cioè disturba il sistema di pensieri consolidato. Sono questioni cruciali su cui riflettere e speriamo che i 7 grandi, e anche gli altri, i piccoli, quest’estate leggano Il Padrone del mondo, prendendosi il tempo per pensare e per decidere.