Senza parlare dei Macchiaioli o dei Veristi, di cui la Fondazione Cariplo ha ampia esposizione, solo che essendo al secondo piano delle Gallerie d’Italia, nessuno ci va o ci vanno in pochi, magari per caso.
Sono rimasta assai sorpresa nel vedere tanta gente in mostra, onestamente mi ha fatto piacere, perché De Nittis è stato davvero un gran pittore, pieno di verve, intelligenza, calore. La mostra è corposa, piena di curiosità e bellezza. Mi ha lasciato senza fiato fin da subito, con una piccola serie di studi sul Vesuvio, piccoli olii su tavola che sembravano dipinti col telescopio talmente erano nitidi e al contempo astratti. Questo suo Vesuvio, il vulcano di De Nittis, pare quasi la Luna di Galileo ma rossa, o forse già un Marte. Sarà perché da Barletta si trasferisce a Napoli a fare l’Accademia e il Vesuvio c’è l’ha proprio di fronte, onestamente questa giovane pittura è già notevole, accurata. Poi va a Parigi e cambia … assorbendo la velocità della città, dei tempi moderni , anche se rimane sempre quel nitore, quella chiarezza. Pur facendo parte proprio del gruppo impressionista ( partecipa addirittura alla prima mostra degli Impressionisti nello studio di Nadar) e ingarbugliando un po’ la pennellata, con leggerezza, a un certo punto questa si arresta di nuovo, complice un’immensa nevicata nella capitale, che sommersa dalla neve registra nello sguardo di De Nittis qualcosa di lontano, forse quel Vesuvio metafisico iniziale. E fa dei quadri straordinari.
In mostra sono presenti anche i delicati ritratti alla moglie Leontine, gli interni dei salotti parigini, signorine a passeggio coi cani, corse di cavalli, vedute di Londra e in ultimo le suggestioni giapponesi di donne con il kimono, o dei sorprendenti studi per dei ventagli. Una grande felicità pervade questa pittura che ha dei registri molto ampi, pur rimanendo fedele a se stessa. Infine De Nittis si stanca di vivere a Parigi e con la famiglia si trasferisce in campagna, dove dipinge in maniera più rarefatta uno spazio più aperto, pieno di verde. Muore a trentotto anni di ictus. Alessandro Dumas figlio scrive il suo epitaffio sulla tomba al Père Lachaise: "Mort à trente huit ans, en pleine jeunesse, en pleine glorie, comme les hèroes, et les demi-dieux".