Vita d'artista


Elio Fiorucci

Finalmente sono riuscita ad andare a vedere la bella mostra su Elio Fiorucci alla Triennale di Milano, una mostra ricca di materiale d’archivio oltreché di memorie private, di oggetti straordinari, fotografie, video di performance di artisti, immagini, volti che popolavano il mondo dello stilista. 

Mi sono rituffata nel mio passato di ragazzina, con emozione, perché ricordo benissimo i sabati pomeriggio quando si andava in centro con le amiche e poi si passava, dopo un gelato, dal suo negozio in San Babila, pieno di cose divertenti, un po’ un shuk in cui tutto era allegro e i neon colorati e noi guardavamo i jeans e le magliette. Nessuna di noi percepiva quel luogo come un negozio di moda nel senso vero e proprio, perché tutto era casual, sbarazzino come noi, e si usciva sempre con qualcosa: con la maglietta dei due angioletti o un quaderno eccentrico e la borsa del negozio di un design strepitoso.

Analizzando il suo percorso, mi rendo conto del grande lavoro fatto dallo stilista e la mostra è davvero interessante: non conoscevo all’epoca Keith Haring, il graffitista newyorkese pieno di talento che era stato chiamato per l’inaugurazione del negozio a Milano, a fare un’azione pittorica con le bombolette, con i suoi segni immaginari ed elettrici, a ben pensare nel pieno stile di Fiorucci.

O il rapporto di ammirazione e di collaborazione con Andy Warhol e gli altri artisti della scena di New York, dove aprì un negozio che fu punto di riferimento della comunità artistica, e poi ne aprì ancora altri, in tutto cinquecento al massimo del suo successo, ovunque nel mondo. Mi ero scordata delle “vetrine viventi” degli anni ’80, in cui chiamava artisti e performer e cantautori come Battiato, a esibirsi davanti ai passanti. Mi sono sentita così felice di tornare a quegli anni, a quel clima sperimentale e gioioso, molto libero e creativo. Direi assolutamente esuberante .

Ma ciò che mi ha colpito di più, con la maturità di adesso, è la volontà di Fiorucci di non accomodarsi mai in un’idea, di non seguire formule prestabilite: la formazione del gruppo di creativo “Dxing” ( termine mutuato dal linguaggio della radio, cioè la pratica di intercettare stazioni radio distanti), con la sua unità di ricerca è stata lo snodo attraverso cui l’osservatorio sull’immagine e la comunicazione ma anche del consumo culturale, ha potuto inventare nuovi scenari a getto continuo. Doveva servire per proporsi in modo sempre diverso e avanti rispetto agli altri, non avendo mai Elio Fiorucci, voluto fare pubblicità in senso tradizionale. Visto con gli occhi di oggi, un straordinario interprete di quell’epoca, partito proprio da qui, dalla sua Milano.

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