Per ora lo trovate in edicola con Repubblica o con Mind, nella collana “Genio e follia”, ma il sistema editoriale malato, di cui spesso scriviamo, fa sì che se ne trovino poche copie e che si debba implorare l’edicolante di prenotarvele. Pazienza, lo troverete fra poco on line qui.
Abbiamo accettato di scriverne perché Masaccio fa capire alcune cose importanti, completate dallo storico dell’arte Alessandro Fornero in un recente incontro a Termoli, Molise.
Riassumendole per i lettori di Zafferano.news, la prima questione che Masaccio illumina è che il genio non è solitario, come tende a credere la nostra mentalità attuale. La grande rivoluzione di cui Masaccio è protagonista è orchestrata da un gruppo di amici ben determinato. Gli altri erano Brunelleschi, Alberti, Donatello, e il socio in pittura Masolino. Masaccio li ritrae tutti nel ciclo della cappella Brancacci, mentre guardano il resto dei notabili di Firenze con un po’ di enigmatica sfida o partecipano come personaggi ai racconti evangelici, mai dipinti così realisticamente prima.
La seconda conquista è il cuore della rivoluzione di questo gruppo di amici: per continuare la lezione di Giotto e raffigurare le scene della tradizione come vive, così come se si vuole rendere umani e divini allo stesso tempo gli spazi architettonici, occorre usare la matematica e la scienza. Lo studio della prospettiva, dell’anatomia, dei colori, dei moduli matematici, che sembrano studi astratti, riescono a rendere più realistica la natura e la vita. La realtà è molto più vasta di quanto non sembri e la vera concretezza ha bisogno di visione, di idee, di calcoli che sulle prime sembrano lontani da ciò che si sente, si vede, si tocca. Eppure, quelle astrazioni permettono di vedere, sentire e toccare di più e meglio.
La terza acquisizione è che tutta questa matematica serve a creare corpi veri per azioni piene di senso, cioè per gesti umani, carichi di significato, come la Maddalena vista di spalle che allarga le braccia nella crocefissione del polittico di Pisa (di solito si trova a Capodimonte, ora è temporaneamente esposta a Milano). Come i volti di Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso, rispetto ai quali l’urlo di Munch pare una semplice lamentela di adolescente. Come il gesto sovrano di Gesù che ordina a Pietro di prendere il soldo dalla bocca di un pesce, gesto che Caravaggio riprenderà nella vocazione di Matteo. Come il neofita penitente e battezzando che si inginocchia nell’acqua ancora afflitto e già speranzoso, mentre altri catecumeni rabbrividiscono di freddo alle sue spalle. Sono i gesti della vita, che, grazie agli studi, diventano vivi, riproducendo attraverso le vicende del Vangelo il dramma di ogni vita.
Infine, come ha spiegato Alessandro Fornero (lo trovate su Twitter con il nome @AlessandroForn6, con migliaia di suggerimenti di musica e arte), questi gesti così drammatici si completano solo con noi, con il pubblico che guarda e che la prospettiva fa entrare dentro le stesse azioni, che giustamente si svolgono nella Firenze dell’epoca, che è come dire: per le vie delle nostre città e delle nostre vite.
Insomma, Masaccio e i suoi amici hanno fatto capire che scienza, vita e fede possono e devono andare insieme. Quando vivono una isolata dall’altra valgono meno e corrono il rischio di diventare ideologiche e violente, come ben vediamo nelle tragiche guerre che insanguinano il mondo.