Musica in parole


Musica nel piatto: "La bohème" e il cibo che non c’è

In ogni atto dell’opera di Puccini si canta di vivande e vini, anche a rimarcarne l’assenza.

Il compositore ci ha regalato quattro quadri con pagine di indiscutibile bellezza e amate in tutto il mondo; la sua musica incanta nel descrivere gli stati d’animo e le vicende, povere, dei personaggi.

La storia de La bohème inizia la vigilia di Natale, quando nella soffitta che il poeta Rodolfo divide con tre amici, il musicista Schaunard grazie ai soldi appena guadagnati porta arrosto, pasticcio dolce, vino. “Cibarie…pei dì futuri” dice Schaunard che ripone le provviste e induce tutti a dimenticar le pene e uscire e far festa nel Quartier Latino, che “le sue vie addobba di salsicce e leccornie”.

A seguire domina la scena l’incontro tra Rodolfo e Mimì, l’inizio di un amore intenso ma tormentato, anche per la precarietà della vita che i due conducono.

L’opera racconta infatti la quotidianità e gli amori di alcuni giovani che nel 1830 vivono nelle soffitte di Parigi, ricchi solo di belle speranze: compagni di sogni e di stenti. Mimì vive “sola soletta in una bianca cameretta” e Rodolfo si offre di riscaldarle la “gelida manina” in quella soffitta dove il freddo è pungente, la dispensa è spesso vuota e a fare luce è la luna.

Il secondo quadro si svolge al Café Momus in piena atmosfera natalizia: i giovani voglion far festa a tavola, ma dopo il tacchino, l’aragosta e il vin del Reno arriva il conto e i soldi non ci sono perché il gruzzolo di Schaunard è già terminato. L’amica Musetta trova il modo di rimediare e il gruppo continuerà a vivere alla giornata, tra aspirazioni, lavoretti, fame e freddo.

Una mattina nevosa di febbraio apre il terzo quadro; in periferia le contadine cercan di vendere burro e uova e nella “sordida osteria” dove il pittore Marcello lavora, Rodolfo rivela all’amico che pur amandola, vuol lasciare Mimì, molto malata, per non costringerla più alla sua stessa, misera vita: “…la mia stanza è una tana squallida… il fuoco ho spento”.

E ancora di cibo si canta nell’ultimo atto, di cibo che non c’è.

I quattro amici son di nuovo nella fredda soffitta davanti a qualche pagnotta e un’aringa; si burlano di loro stessi, inscenano un ricco pranzo, fanno il pane a pezzi fingendoli bocconi di pietanze prelibate, si servono acqua come fosse champagne.

La giocosa e ironica finzione è interrotta da Musetta che accompagna Mimì, allo stremo. Risuonano le celebri note del primo quadro, a evocare il primo incontro tra Rodolfo e Mimì nell’ora della fine di lei, vinta dagli stenti.

Dal suo esordio nel 1896 al Regio di Torino, La bohème continua a girare i teatri del mondo; appena proposta alla Scala - allestimento di Zeffirelli, omaggio al regista nel suo anniversario - sarà di scena a breve a New York, Parigi, Napoli, Berlino e in altri luoghi ancora.

L’ultima parola spetta ogni volta all’orchestra con “accordi scuri e lenti”, come li definì Puccini, che sempre suscitano grande emozione nel pubblico e chiudono una storia d’amore condita di sogni, miseria e fame.


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