LA Pausa pranzo


La pausa pranzo

Ho trent’anni, dieci anni fa, stagista, nella pausa pranzo ero al tavolo del mio grande capo e la prima linea di management. Ascoltavo rapito i loro discorsi; invidiavo la loro capacità di immaginare e disegnare il futuro.

Un giorno la discussione fu su come internet avrebbe trasformato il nostro lavoro e le nostre vite; di quale strumento stupefacente fosse. Come non essere d’accordo? E invece proprio io, lo stagista, da sempre utente del web, di trent’anni più giovane di loro, manifestai le mie perplessità. Non contestavo certo lo strumento, le mie perplessità erano, e sono, in merito all’utilizzo. Fui preso per matto, rischiando di perdere la loro fiducia.

A scuola mi avevano insegnato un principio: per esserci comunicazione vi deve essere un mittente, un destinatario e un messaggio, e ancora che il messaggio è tanto più credibile e comprensibile tanto più autorevole è il mittente, e tanto più il linguaggio è condiviso tra mittente e destinatario.

Ogni volta che penso a quell’episodio di appena dieci anni fa, registro come sia cambiata l’informazione. Oggi ci troviamo in un momento storico in cui il lettore, spesso indaffarato, svogliato, non sente l’esigenza di verificare la fonte, perché confonde il mittente del messaggio con chi lo condivide. Se lo ha condiviso su un social l’ing. Rossi, mio stimato contatto, sarà sicuramente vero. È lui la mia fonte. Non chi scrive la notizia. Peggio. La fonte è autorevole, la notizia è verificata, ma il destinatario non è in grado di comprenderlo.

Quando faccio queste considerazioni mi dicono: “Grazie a internet il cittadino comune ha ritrovato la propria libertà”. Mi chiedo: siamo sicuri di non essere folla manzoniana? Secondo Manzoni la folla, nella sua ignoranza, è crudele, gli individui si nascondono nella massa e danno sfogo ad ogni tipo di bassezza, sono pronti a scambiare un sospetto con una certezza, e ripetere come cosa certa ciò che non è certo o addirittura all’uopo inventato, a far diventare realtà una semplice ipotesi. Vedo nel cyberbullismo e nei “leoni da tastiera” il dramma dell’ignoranza di chi ubbidisce impulsivamente ad una voce, ad un ordine qualsiasi, suggestionata, governata dalla paura (il diverso, il terrorismo) e costretta a desiderare vite perfette che i social ci fanno conoscere.

Dal canto mio mi chiedo: quanto sta avvenendo oggi a livello mondiale certificherà la nostra appartenenza alla seconda opzione? Siamo sicuri che il nostro modello culturale, economico, politico sia quello giusto?

Complottismo, dietrologia, desiderio di rivalsa sociale, mescolate ad ignavia, ignoranza, incapacità di discernere il vero dal falso o dall’ironia, amplificate in maniera assordante dai social, stanno forse creando una situazione esplosiva? Cosa accadrà quando molti di noi comprenderanno che chi si professava suo difensore, primus inter pares, ma pur sempre primo, disattenderà le aspettative create? Quando i più comprenderanno che non siamo tutti nati per fare l’influencer o l’economista, e che c’è tanto bisogno di execution? E che la discriminante è saper fare il proprio mestiere?

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Filippo Baggiani (Torino): commerciale settore moda, scrittore allo stato quantico
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica, scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Angelo Codevilla (California): professor emeritus, viticoltore, tifoso di Tex Willer
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Marinella Doriguzzi Bozzo (Torino): da manager di multinazionali allo scrivere per igiene mentale
Giuseppe Failla (Siracusa): executive MBA, appassionato di football americano
Leo Leoni (Frosinone): agente assicurativo
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Bianca e Roberto Sartori (Albenga): quattro ingegneri e una vigna