Siamo in scena, nella commedia lirica Belfagor, di Ottorino Respighi, (che prende spunto da una novella di Nicolò Machiavelli).
Zafferano e altre spezie insaporiscono dunque la partitura, il che non è una novità. Nella lirica soprattutto, il binomio cibo-musica è molto presente; cibi, spezie e bevande punteggiano, nella buona e nella cattiva, la sorte dei protagonisti.
Gioachino Rossini: “Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quest’opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma di una bottiglia di champagne. Chi la lascia sfuggire senza averne goduto, è un pazzo”.
Rossini non se l’è di certo lasciata sfuggire, dedicando una gran parte della sua vita al cibo, in musica e non.
Non pochi grandi musicisti oltre a ‘mettere in musica’ il cibo, ‘compongono’ ricette di cucina. Di Giuseppe Verdi, raffinato intenditore di cucina, nota è la lettera all’impresario dell’Opéra di Parigi con le indicazioni della sua versione del risotto, al quale, verso fine cottura “...aggiungere una presa di zafferano che farete sciogliere in un cucchiaio di brodo...”
Il profumo delle spezie compare anche in altri generi musicali. Citiamo la canzone d’autore italiana:
Paolo Conte: ...una volta lontana da qui/e l'odore di spezie che ha il buio (Come mi vuoi)
Franco Battiato: ... e attorno campi di zafferano/passavano donne bellissime (La porta dello spavento supremo)
E come non ricordare Aveva un bavero color zafferano, del mitico Quartetto Cetra?
Ultima nota curiosa: nel rigo musicale (oggi pentagramma) introdotto da Guido d’Arezzo, la linea del Do era colorata con inchiostro giallo, che il monaco raccomandava fosse “splendens crocus radiat”, in modo cioè da brillare come il giallo splendente dello zafferano.