Ora tutto quello che sembrava fantascienza, si realizza: impariamo a convivere, giocare, lavorare con i robot. Se pensiamo al robot come a una qualsiasi macchina che sia in grado di svolgere una o piu’ funzioni indipendentemente dal controllo dell’uomo, ecco che abbiamo casi semplici come il “Roomba” che spazza i pavimenti, quelli che fotografano il maturare della vigna, il cameriere meccanico che gia’ appare in alcuni alberghi, il collega virtuale che lavora in contabilita’ al posto del ragioniere, ed altri.
Tutti i robot che abbiamo tra noi, hardware o software che siano, sono sempre specializzati in poche funzionalita’, ed oltre a quelle non vanno. Il robot che carica merci da un magazzino non puo’ pulire per terra, e quello che assiste i pazienti in ospedale non potrebbe mai occuparsi di contabilita’. Infatti, l’intelligenza artificiale che comanda queste macchine e’ sempre specializzata. Questa IA e’ ben lontana dalle nostre performance: noi possiamo guidare, ascoltare la musica e parlare senza nemmeno pensare che il nostro corpo nel frattempo sta anche digerendo, respirando e mantenendo il nostro metabolismo.
Studenti e genitori sono ovviamente preoccupati del progressivo aumento dell’automazione, mentre giornali e media soffiano sul fuoco con previsioni di disoccupazione e crisi economica perenne. Gia’, ma quanto costano queste nuove generazioni di robot? Uno da mettere in magazzino o in fabbrica costa tra i $25,000 e $40,000, meno della retta universitaria che i ragazzi devono pagare in Usa. Non varrebbe la pena tenere i ragazzi a casa e comprargli 5-6 robot che vadano poi a lavorare al posto loro, mentenendoli nulla facenti per il resto della vita?
Bill Gates pensa che sia difficile democratizzare il possesso dei robot, che saranno probabilmente nelle mani di pochissimi magnati. Lui propone di tassare i robot, esattamente come ognuno di noi che a fine anno deve fare la dichiarazione dei redditi, e poi redistribuire questa ricchezza come reddito di cittadinanza.
Mi piace l’idea di avere alcuni schiavi-robot che vadano a lavorare al posto mio, e magari lo facciano 24 ore al giorno, mentre io resto in spiaggia tranquillo senza nemmeno pensare a loro. Quant’e’ probabile questo scenario? Non lo so, ma so per certo che stiamo per vedere una nuova generazione di Avatar che saranno personalizzati su di noi e diverranno nostri amici, mentor, controllori e collaboratori. Amici e’ la parola chiave: la IA si sta evolvendo rapidamente nel senso di capire e riprodurre i processi psicologici che stanno alla base della fiducia e dell’affetto che normalmente proviamo solo per altre persone e non per le macchine.
Nel giro di due anni sara’ disponibile l’avatar di un manutentore di impianti di condizionamento, un robot che accogliera’ il neo-assunto, gli insegnera’ dove mettere le mani per fare le riparazioni correttamente, lo controllera’ tutto il tempo per verificare che produttivita’ e qualita’ rientrino nelle aspettative dell’azienda che lo impiega, e specialmente lo fara’ diventando un suo amico, o amica. L’avatar creera’ un rapporto di fiducia, ed il ragazzo non avra’ modo di capire bene il suo rapporto di lavoro con il padrone.
Prevedere il futuro e’ sempre difficile, ma visto il progresso in corso, le nuove generazioni faranno bene a coltivare passioni e capacita’ anche molto diverse tra loro, piu’ occupazioni, e mantenere quella flessibilita’ e capacita’ di pensiero critico che i robot non avranno per ancora molto tempo.