Ave Maria

Ritornando un poco alle origini di questa rubrica, oggi facciamo un’analisi del testo, usando come oggetto d’approfondimento la nuova canzone di Margherita Vicario. Per evitare lungaggini, limito a mero cenno contestuale un plauso verso l’indubbia presenza scenica... 

... dell’interprete, intenta in una performance volutamente lasciata fra il seducente tango a tre e la fine prossemica da teatro nel teatro. Il brano si presenta come una sagace rilettura della preghiera mariana per eccellenza: condita di cinismo da terzo millennio, l’esibizione danzata inietta nell’orecchio dello spettatore concetti anti-sociali, vagamente sovversivi.

«Ave Maria / In piena disgrazia / Tu portami via / Tra le tue braccia / Ave Maria / Le lacrime in faccia / Non è una bugia / Ho bisogno di» il ritornello solo è più che sufficiente a raffigurare l’operazione semiotica realizzata ricorrendo alla modificazione del segno nelle sue tre forme. Quella pragmatica risulta palese osservando la cornice data dal video stesso, quindi i gesti velatamente promiscui e sessualmente caricati delle figure. Da questa rappresentazione visiva scaturisce la mutazione semantica, ovvero quell’appropinquarsi dell’intelletto verso i significati, come «disgrazia» al posto di «grazia». Infine sorvolando alla grazia delle lettere analizziamo la terza operazione, quella sintattica: resa qui da una scrittura efficace, basata su un costante dualismo, fatto di botta e risposta.

Racchiuso in un paragrafo il lavoro linguistico fatto da Vicario, che tuttavia meriterebbe una migliore e approfondita analisi, mi voglio soffermare brevemente sulla ricchezza dei riferimenti recuperati proprio dalla medesima cultura qui oggetto di critica. «Io sono ed esisto, io penso e resisto» ricorda il cartesiano «cogito ergo sum», vestendosi però di una tenacia resistente, dove la cogitazione genera resistenza. Punto chiave questo perché della Liberazione e in particolare del suo inno «Bella Ciao» troviamo un punto di particolare simmetria: «Però peccato, avessi avuto un mitra / Ora sarebbe un bel fiore in un prato» che si conforma come il remake contemporaneo del «E seppellire lassù in montagna / Sotto l'ombra di un bel fior». In unione a simile progetto musicale, la cantautrice ha abbinato il primo episodio del nuovo podcast «Showtime», una conversazione su numerosi e insidiosi temi, primo fra tutti il femminismo contemporaneo.


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In questo numero hanno scritto:

Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Emanuel Gazzoni (Roma): preparatore di risotti, amico di Socrate e Dostoevskij, affascinato dalle storie di sport
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro