LA Caverna


L’ipocrisia di dirci cristiani

La patria dei cristiani non è questo mondo, anche se, a pieno titolo, ne rivendichiamo la cittadinanza con i doveri e gli obblighi conseguenti. Siamo dentro questa società terrena non come estranei ma da precari ed esuli. 

La nostra definitiva città è quella non costruita dall’uomo ma preparata da Dio, una città «il cui re è la verità, la cui legge è l’amore, la cui misura è la dimensione dell’eterno». (s. Agostino) Siamo convinti di essere a questo mondo di passaggio, in temporaneo soggiorno, di essere pellegrini che portano in cuore l’attesa profonda di tornare a casa. Molti di noi, però, ne hanno perso la consapevolezza e vivono dimentichi di questo destino lasciandosi prendere da ogni tipo di passione, di possesso e di sfrenato godimento, trovando soltanto nelle cose la risposta appagante e risolutiva del vivere. Da veri cristiani, configurati come figli di Dio, per dono di grazia, siamo chiamati ad astenerci «dai desideri della carne che fanno guerra all’anima» (1Pt 2,11), prepotenti desideri che travolgono e ci fanno schiavi. Pietro apostolo, con l’espressione «desideri della carne», intendeva quella condizione umana che, dimenticando Dio, ha fatto di questa avventura terrena il proprio orizzonte assoluto. I desideri che derivano da questo modo di concepire la vita diventano passioni sfrenate, ingordigia, cupidigia, ricerca del potere e del successo che «fanno guerra all’anima», cioè contrastano con la natura redenta del credente chiamato a vita divina. L’interiore coerenza chiama il cristiano a vivere con stile provocante e molto forte, da uomo libero e saggio. (1Pt 2,16). L’uomo libero non è quello che decide di volta in volta ciò che gli aggrada, ciò che gli torna egoisticamente utile, quello che, secondo la propria logica, giudica buono. Il cristiano non si serve della libertà per coprire la propria indifferenza o malizia, ma da uomo “ricreato” ama senza riserve, senza calcolo, senza pretese. È quanto mai attuale, invece, una libertà abusata, un distacco prevenuto verso l’altro, un desiderio di conquista, nonostante le ripetute dichiarazioni sui diritti umani. Pur avendo una consapevolezza profonda di tali diritti, i cristiani testimoni autorevoli sono rari. L’umanità non è cresciuta e non siamo diventati uomini migliori. Accanto ad una mediocre classe dirigente politica si accompagna un diffuso logorio di valori che ci fa complici. Solo una società risanata, altruista e solidale, ricca di fedeltà, onestà e rigore può generare istituzioni sane. L’oggi è un tempo di fragilità. Sta morendo il vecchio mondo e quanto sta venendo alla luce sembra più disumano di ciò che ci stiamo lasciando alle spalle. Rimanere fedeli al versante trascendente della realtà umana per i cristiani vuol dire, saper entrare nella conversazione degli uomini senza presunzione, con umiltà, accettando le buone regole di umana convivenza, ma restando in qualche modo estranei, capaci, proprio per questo, di svegliare negli altri le segrete affinità elettive, cioè la “dimensione inedita”, spesso repressa e soffocata nella chiassosa vita d’insieme nella piazza.

Solo cristiani credibili, liberati dalla prigionia di un’unica prospettiva, quella terrena, dall’attaccamento eccessivo e spiritualmente paralizzante della ricchezza, dal modo di giudicare e di scegliere basati sull’egoismo e sul proprio interesse immediato, sull’utilitarismo quotidiano nei rapporti interpersonali, sulle comodità di ogni genere e sull’abbondanza superba e gaudente, potranno arricchire il suolo umano impoverito, svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità, divenuto friabile e inconsistente. Su questo terreno incerto anche molti di noi cristiani siamo diventati uomini 'di sabbia', figure inafferrabili e impastate di contraddizioni, con un tratto distintivo: la sensazione di una stanchezza e di una fatica a portare la vita e il costante dubbio del tragitto e del senso.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro

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