IL Digitale


Wikileaks serve al giornalismo che funziona

Julian Assange è il controverso creatore e capo di Wikileaks, la piattaforma digitale che da anni raccoglie segreti, ne valuta l’impatto sulla sicurezza delle persone, e poi li pubblica. La piattaforma parte nel 2006 con rilevazioni importanti dal punto di vista giornalistico e dimostrazione di serietà, ma è nel 2010 che scatena un putiferio rilevando ipocrisia e problemi delle guerre americane in Medio Oriente. Da quel momento...

... la Svezia ed il Regno Unito cercano di far bella figura con gli Stati Uniti braccando Assange ed accusandolo di vari delitti, nel tentativo di darlo in pasto a qualche agenzia federale affamata. Dal rifugio londinese dell’ambasciata equadoregna, Assange nel 2016 ne combina un'altra, pubblicando mail della Clinton e del partito democratico americano. Ancora una volta l’esposizione di ipocrisia e truffe fanno il danno, e contro ogni previsione Trump vince la presidenza.

Wikileaks commette un illecito quando pubblica informazioni che son state rubate? Tutte le pubblicazioni si son sempre rivelate vere, mai un falso. Il partito democratico ammette di aver fregato Sanders nella corsa contro Clinton, ma denuncia Wikileaks per complicità, per aver accettato mail rubate da (fantomatici) hacker russi.

Wikileaks fa la cosa giusta quando pubblica queste notizie?  Il fine giustifica i mezzi? Questo è uno di quei casi dove legge ed etica non vanno a braccetto. Raccomando Wikileaking – The ethics of secrecy and exposure, un bel libro che raccoglie le riflessioni di giornalisti, avvocati, filososofi e politici, in parte in opposizione ed in parte a favore del personaggio e della sua organizzazione.

Assange conosce bene il mondo digitale: nel 1987 a 16 anni comincia a fare l’hacker e due anni dopo riesce a bucare la NASA.  Viene preso solo nel ’94, per aver hackerato un'azienda australiana di comunicazioni: la tecnologia s’è evoluta più veloce di lui. Da quel momento sembra passare dalla parte dei buoni, e sviluppa criptografia e strumenti per garantire la segretezza delle comunicazioni. Wikileaks è costruita per fare in modo che una talpa conservi la propria anonimità e non ci sia modo di rintracciarla. Questa persona manda i propri segreti alla redazione di Wikileaks, e da quel momento partono le verifiche. Qui viene il bello: più che le informazioni segrete vere e proprie, quello che conta sono le persone e gli enti coinvolti, che Assange modella come una rete. Raccomando il suo articolo del 2006 sulle cospirazioni, dove spiega bene il suo obiettivo finale: mettere in luce i sotterfugi, le fregature.

Su Zafferano.news parliamo spesso di fake news, facili da vedere ed evitare, e delle più subdole fake truth, quelle mezze verità che son spesso pubblicate ad arte per un secondo fine, che non viene spiegato al lettore, spesso per manipolarlo. Il ruolo del giornalismo, l’esposizione tanto dei fatti quanto delle persone coinvolte, delle motivazioni, della cronologia e del come avvengono certi passaggi, è un qualcosa che Assange e Wikileaks interpretano con forza. Sarebbe un peccato perderli. A prescindere dall’opinione che si ha del personaggio, Wikileaks serve al giornalismo che funziona.

Come disse Kipling: “Ho sei onesti servitori (mi hanno insegnato tutto quello che so); i loro nomi sono cosa e perché, quando e come, dove e chi”. Possiamo spruzzarci criptografia e passare dal dark web, ma gli ingredienti son sempre gli stessi.

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Diego Saccoman (Milano): meccanico di paese, 60 punti di sutura e mai vinto niente