Mentre alcuni sintomi sono sotto gli occhi di tutti, dalle regioni temperate che non riescono più a produrre olive ed albicocche causa siccità, a quelle fredde che son passate dal coltivare solo patate a kiwi ed agrumi, in generale le previsioni fatte finora son state poco affidabili. Purtroppo, i dollari in gioco introducono molti problemi sulla serietà dei ricercatori e di come comunicano i loro risultati. Possiamo immaginare un aiuto da parte di intelligenza artificiale e sensoristica nel migliorare queste previsioni, e renderle più oggettive?
L’approccio meccanicistico dello studiare e modellare tutte le variabili che influenzano il clima, insieme all’inveterata abitudine di estrapolare linearmente e non capire mai la dinamica di sistemi complessi che si muovono in modo esponenziale, non funziona benissimo in questo caso. Le variabili sono così tante, e spesso ancora poco conosciute, che a metterle tutte assieme si creano modelli troppo pesanti per la potenza di calcolo disponibile. Specialmente, a causa delle dinamiche esponenziali di alcuni fenomeni, piccolissime imprecisioni portano a risultati completamente sbarellati. Tra le tante variabili, sembra siamo incapaci di prevedere i benefici dell’innovazione tecnologica, che negli ultimi anni ha ridotto del 99% i costi del solare e delle batterie.
Oggi circa cento modelli costruiti da una cinquantina di squadre di scienziati sono raggruppati nel Coupled Model Intercomparison Project, l’iniziativa che paragonare le diverse strategie per riuscire a creare modelli ancora migliori. Chi vi scrive conosce bene l’estrema difficoltà del modellare l’interazione aria-acqua sulla linea di galleggiamento di una singola barca a vela: una cosa piccolissima ed insignificante rispetto al clima, che fa comunque spendere milioni di dollari e neuroni ai tantissimi ingegneri di Coppa America e costruzione navale. Modellare il clima globale in base alle variabili di funzionamento oggi è quasi impossibile.
L’approccio dell’intelligenza artificiale è capovolto: visto che i modelli sono troppo complessi, perché non riversiamo i dati di 40 anni di rilevazioni climatiche attorno al mondo nel ranocchio elettronico e vediamo cosa ne viene fuori? Ecco i nuovi modelli neurali di circolazione generale, NGCM (qui). Finora questi modelli si sono dimostrati vincenti, rispetto ai primi, nelle previsioni di breve periodo. Sulle quelle di medio e lungo non sono tanto diversi dai precedenti.
Il NGCM coniuga due ingredienti fondamentali: da un lato il tempo che ha fatto negli ultimi anni, dall’altro lo scibile della fisica che si usa in meteorologia, ed in mezzo un ranocchio elettronico che risolve equazioni differenziali molto rapidamente, 24 ore al giorno. Ora si tratta di affinarlo, e vedere se nei prossimi mesi ed anni comincerà a migliorare anche sulle previsioni di medio e lungo periodo.
Nel frattempo, resto convinto dell’importanza della previsione per scenari, il metodo che portò al successo Shell durante la crisi petrolifera degli anni ’70 e che tanto aiuta aziende ed organizzazioni che la usano. Banalmente, di fronte alla conclamata incertezza di un fenomeno come il clima, meglio prepararsi a tre o quattro scenari diversi, dal più al meno ottimista, inerentemente logici e dettagliati per quanto possibile, ed egualmente probabili. In questo modo quando poi uno degli scenari si verifica, ti sai muovere meglio e prima della concorrenza, che è poi quello che conta davvero. Per chi volesse un esempio da approfondire, qui.