IL Digitale


Cambiare batterie invece di caricarle

I due problemi che rallentano la diffusione di auto, moto e bici elettriche sono il tempo di ricarica, ed il costo della batteria. Nonostante il progresso registrato su entrambe i fronti negli ultimi anni, per cui la maggior parte dei veicoli ha autonomia in abbondanza ed i prezzi sono diminuiti, aziende innovative hanno deciso di introdurre la possibilità di affittare la batteria e di scambiarla con una già pronta, invece di aspettare per caricarla.

Gogoro a Taiwan ha mezzo milione di clienti che scambiano la batteria dello scooter, ed è ancora più facile scambiare quelle leggere delle biciclette, mentre Nissan affitta batterie scambiabili, e la cinese NIO ha già un migliaio di stazioni nel proprio paese e si espande rapidamente in Scandinavia e Germania. L’anno scorso Tesla ha abbandonato la possibilità di scambiare le sue batterie automobilistiche, aumentando invece la rapidità con cui possono essere caricate presso i suoi distributori, ma questo accorcia la vita utile di queste grosse pile, che costano parecchio.

Una stazione di scambio NIO ha 13 batterie pronte all’uso e costa quasi $800.000, mentre installare tredici stazioni di ricarica costa $310.000, tuttavia la rapidità nel far ripartire il cliente con il pieno, la maggior sicurezza nel maneggio di questi concentrati di energia, ed una miglior qualità del ciclo di scarico/carico, fanno recuperare il maggior investimento. NIO produce anche auto elettriche, un esempio di lusso lo potete vedere qui e possiamo immaginare che la concorrenza cinese in questo segmento si faccia sentire pesantemente appena Putin e Biden finiscono di bloccare il commercio internazionale.

In tutto questo processo di controllo della carica, scarico e ricarica corretta per dare il massimo di autonomia, il digitale regna sovrano, al punto da poter anche vendere sul mercato l’energia delle batterie. Dieci giorni fa in California, Tesla ha pagato 2600 propri clienti per succhiare le loro batterie e vendere 16MW in un momento difficile per la rete, evitando sia blackout sia inquinamento da parte dei generatori di emergenza. Questa tecnologia si chiama Virtual Power Plant (VPP), ossia il gemello digitale di un impianto elettrico che, essendo virtualizzato e simulato, può accumulare le cariche disponibili in rete e venderle per davvero. In altri termini il VPP, attraverso l’internet delle cose sente il carico delle utenze, quanto viene chiesto dalla rete e chi può offrirlo, ed ottimizza il flusso di rete evitando sbalzi nella produzione, con conseguente risparmio economico ed ambientale per tutti.

Se 2600 automobili hanno aiutato Los Angeles ad evitare problemi di rete, immaginate cosa possano fare questa stazioni di cambio batteria quando abbiano a magazzino scuolabus e bus elettrici, ovvero con cariche disponibili ancora maggiori. Anni fa Musk disse che le auto elettriche sarebbero diventate dei cespiti (asset), in grado sia di portare i passeggeri da A a B, sia di aiutare il carico di rete ed in ultima battuta risparmiando combustibili per la produzione di corrente. Quell’idea ora si avvera, e chiunque gestisca macchinari che funzionano, o possono funzionare, con l’elettrico, ora hanno una buona opportunità.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro