IL Digitale


Web3, dopo la conferenza

Due settimane fa vi parlavo del Web3, ossia l’evoluzione dell’internet che vuole uscire dallo strapotere delle piattaforme come Amazon, Google, Facebook, e per certi versi tornare al sogno iniziale dove chiunque può esprimersi, creare e vendere prodotti in libertà. L’altro giorno al MIT c’è stato un convegno internazionale molto interessante, da un lato per la presenza dei fondi sovrani più ricchi al mondo, dall’altro per le previsioni più ragionate.

Esther Dyson  ha insistito sulla privacy, al punto da progettare le nuove applicazioni in modo da garantire questo diritto anche oltre i requisiti di legge di questo o quel paese. Mentre oggi tutto quanto scriviamo, foto e video che postiamo sui social media, è regalato alle piattaforme, con il Web3 dobbiamo pensare ad applicativi che consentano alla persona di preservare la proprietà, ed almeno dire la sua sul controllo, su qualsiasi contenuto che abbia sviluppato. In questo modo si disintermedia rispetto a chi oggi si arroga il diritto di avere quelle informazioni.

Sulla stessa linea Ramesh Raskar, che ha fatto l’esempio dei dati clinici, per cui tra ospedali, aziende farmaceutiche, medici e pazienti c’è una tale tensione sulla proprietà e controllo delle informazioni che si finisce per ritardare lo sviluppo di nuovi medicinali e prove cliniche delle nuove procedure.

John Wu di Ava Labs e Imran Khan di Snapchat hanno discusso di nuovi browser come Brave  che consentono agli utenti di monetizzare i loro dati e stravolgere il modo attuale di fare pubblicità e ricerca con Amazon, Google e Meta. Secondo loro non nasceranno più piattaforme monopsonistiche, ma piccoli gruppi federati a seconda degli interessi, dove solo l’innovazione tecnologica consentirà di trattenere gli utenti. In modo simile a Linux, dove si aggiungono componenti sviluppati da altri, anche in questo campo gli applicativi saranno sviluppati con una logica da Lego e continua interazione con i clienti.

Queste conferenze sono interessanti, perché si incontrano sognatori che ti parlano di altissimi principi e poca pratica, come pure investitori pronti a giocare miliardi di dollari e fare molto sul serio, multinazionali troppo grandi e pigre per essere veramente all’avanguardia dell’innovazione, ed ovviamente un bel numero di studenti e ricercatori che sognano di essere il prossimo Zucki, Elon, Bill.

Dubito che le lobby sponsorizzate dalle grandi piattaforme lasceranno entrare sul mercato nuovi concorrenti, senza sobbarcarli di nuove leggi e burocrazia. È anche vero che son veramente poche le aziende che riescono a rimanere sulla cresta dell’onda molto a lungo, e per questo motivo tener d’occhio come si muove Microsoft può essere un buon modo di vedere la direzione del mercato.

Personalmente credo che la disintermediazione ed un miglior controllo, meglio ancora proprietà dei nostri dati, siano ingredienti dirompenti rispetto al dominio delle piattaforme attuali. Probabilmente se si riuscisse a democratizzare qualche attività medica, ad esempio la diagnosi delle malattie per rendere il processo più economico e specialmente più affidabile, avremmo un esempio interessante visto che finora i CEO con la felpa non ci son riusciti.


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