Se un anno fa 40 milioni son saltati in macchina per lunghe trasferte verso le mete turistiche, quest’anno siamo ben 48 milioni: da anni non si vedeva questo assalto ad aerei, alberghi, ristoranti ed autostrade, con gente accampata, voli cancellati, benzina raddoppiata, caos immane. Personalmente son contento: i figli son partiti con gli amici, ed io, moglie e labrador possiamo starcene tranquilli, senza spostarci.
Per il paese il cambiamento dall’anno scorso ad oggi è tragico. Dodici mesi fa Biden aveva distribuito soldi a pioggia (come Trump) e spendevamo alla grande, la gente non si vaccinava come volevano gli esperti, ma la borsa e l’economia tiravano, e l’inflazione era solo lo spauracchio di alcuni economisti con sale in zucca. Ricordo che la Cina aveva dato soldi unicamente alle aziende, in modo che continuassero a produrre senza licenziare nessuno, scelta vincente viste le esportazioni che hanno continuato a crescere ed il controllo sempre più stretto che hanno sulla logistica mondiale. Oggi siamo ad un passo dalla recessione, forse è già iniziata, abbiamo l’inflazione al 8%, e le aziende cominciano a licenziare migliaia di dipendenti, mentre nei settori più volatili la scure è già scesa pesantemente. Per tantissimi il 4 luglio 2022 è la fine della festa, dal 5 si tira la cinghia: caleranno in consumi e la contrazione dell’economia sarà palese a tutti. In tutto questo la politica monetaria della Fed è incomprensibile, ma sicuramente dannosa. E non parliamo del virus, perché dopo due anni il nostro Fauci l’ha preso, ed è brasato a letto da due settimane.
Xi ha ancora i piedi ben piantati per terra ed il controllo su buona parte del commercio internazionale. I prezzi dei container sono decuplicati, chi ordina merci in Cina adesso vede proposte di consegne la primavera prossima, e ricostruire i settori industriali in America ed Europa è un lavorone, come un anno fa. Il virus continua a gestirlo da dittatore, chiudendo città e fabbriche al primo cenno di contagio: i cittadini protestano, ma non abbastanza, e queste chiusure dei porti rafforzano i nostri problemi logistici. Se la Cina era un problema dodici mesi fa, ora s’è aggiunta la Russia, che tra invasione dell’Ucraina e controllo di materie prime come gas, petrolio e grano sta mettendo ancora più in imbarazzo il nostro inconcludente Presidente. Dopo gli uiguri ed i taiwanesi, ora anche gli ucraini sono nostri fratelli a sentir Biden, ma quando la benzina passa da $3.5 a $6 a gallone, anche il fratello è come il pesce: dopo tre giorni puzza.
Per sopperire alla crisi delle sanzioni a Putin, che danneggiano la Russia ma beneficiano assai Cina, India e tutti gli altri paesi che comprano petrolio e gas al 30% di sconto rispetto a quanto facciamo noi occidentali, ora il Presidente ha ridato il via alle trivellazioni nel Golfo del Messico, le stesse che aveva interrotto due mesi fa cancellando l’autorizzazione del suo predecessore. Un’inversione ad U che lo mette nel mirino di Greta e tutti i fondamentalisti delle energie fossili, erodendo ulteriormente il grado di consenso ai minimi storici. Cosa fare? Qualsiasi invito alla pace o a riconsiderare le sanzioni è bollato come putinismo e collaborazione col nemico, i Repubblicani cercano di scaricare Trump e non possono rischiare di perdere le elezioni di novembre, gli Indipendenti sono pochi per cambiar rotta al paese. Siamo in un cul del sac: spariamo i botti per il 4 di luglio e riempiamoci di salsicce, che da domani inizia la dieta di guerra.