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Cibo, intelligenza artificiale, e metabolismo

Nel 2006 fu pubblicato “The China Study” (Studio Cina), stesso titolo anche in Italia, un libro dove padre medico e figlio ricercatore spiegano i meccanismi metabolici con cui il nostro corpo assorbe i diversi nutrienti. Scopriamo così che una sola mela ci dà molta più vitamina C di qualsiasi pillola di supplementi e, ancora più interessante, dopo averne mangiata una il nostro corpo cambia la digestione della successiva massimizzando altri nutrienti. 

Tutte le 389 pagine del libro meritano di essere lette, perché ad ogni passaggio si scoprono cose nuove: se non lo avete compratelo, se non lo leggete da qualche anno, riprendetelo. Perché mai dovremmo interessarci del cibo e di come questo viene assorbito dal nostro corpo?

Perché come ci insegna Ippocrate, padre della medicina, nel 400 A.C., “chi non conosce il cibo non può capire le malattie dell’uomo”. Nel caso non aveste tempo o voglia di leggere The China Study, ma foste un minimo interessati a ridurre processi infiammativi e quindi la probabilità di sviluppare Alzheimer, cancro, artrite reumatoide, disturbi cardiaci e diabete (cosucce), sappiate che il lavoro di padre e figlio Campbell raccomanda di evitare cibi processati, proteine animali, e concentrarsi invece sui vegetali di stagione.

Dal 2006 ad oggi il mondo della ricerca e dell’alimentazione ha proseguito in questo filone di ricerca, in modo da garantire sia la sicurezza del cibo che mangiamo, sia la giusta disponibilità di nutrienti anche in quei paesi dove condizioni economiche o climatiche rendono difficile un’alimentazione equilibrata. L’intelligenza artificiale entra in scena per scoprire i meccanismi universali del nostro metabolismo, e per capire la composizione dei nutrienti a nostra disposizione. Come conciliare il fatto che la famosa mela abbia 52 nutrienti, dallo zucchero al potassio, e che ritroviamo lo zinco nel 98% di tutti i nostri cibi? Per esempio, scoprendo che tutti i nutrienti, sempre frutto di processi biochimici naturali, condividono la stessa distribuzione statistica e prescindere dal cibo in cui li troviamo, e questo è fondamentale per poter modellare e capire il nostro metabolismo.

Se l’argomento vi incuriosisce, raccomando l’ottimo articolo di Giulia Menichetti ed Albert Laszlo Barabasi, che a Boston lavorano molto sul tema, qui (https://www.barabasilab.com/media/2022-Nature-Food-Nutrient-Concentratrions.pdf?fbclid=IwAR2U7He2A32eAf5gDWVHu_QwHw8nIM3ifNSXo11PKEFeDqX0iy_zxBGcQBk). Nel momento in cui abbiamo prove sempre più schiaccianti del ruolo del cibo nel causare determinate malattie, ma anche della sua capacità di aiutare nella cura e prevenzione, riuscire ad entrare nel dettaglio dei componenti chimici di ognuno dei nutrienti che mettiamo in pancia è veramente importante. Scoprire i parametri del nostro metabolismo ci aiuta a capire l’impatto delle scelte alimentari e quindi migliorarle.

Esistono già applicativi per i diabetici che, raccolti dati sul microbioma del paziente e verificate le abitudini alimentari, consentono di creare un profilo personalizzato sulla base del quale analizzare i diversi cibi e bevande a disposizione. In uso da due anni, questi strumenti si dimostrano efficaci sia nella riduzione del peso sia, specialmente, nella stabilizzazione della glicemia nel sangue. Da Ippocrate ad oggi il principio resta sempre valido, capire cosa mangiamo significa capire se e come ci ammaliamo, ma la tecnologia ci consente soluzioni mirate sulle esigenze di ognuno di noi.


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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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