(Sul significato di “digitale”: http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/digitale/)
Chi scrive è un “migrante digitale”, che ha imparato ad utilizzare queste tecnologie in età adulta. Cerco di aiutare i “nativi digitali”, che invece con questi strumenti, giochi ed applicazioni ci sono nati e li danno per scontati. L’invito che faccio ai lettori è di farsi sentire, in modo da rendere l’Angolo digitale uno spazio vivo, quasi una piazza digitale.
Iniziamo con una riflessione su millenials, nati tra 1981 e 1995, e generazione Z, ovvero nati dal 1996 in poi. In linea con la tradizione, anche nei loro confronti noi “vecchi” tendiamo a riversare preoccupazioni e critiche. Chi si lamenta perché i gen Z danno attenzione per al massimo otto secondi, chi si lagna che i millenials vogliono essere riveriti per il lavoro che fanno: un elenco completo delle lagne sarebbe lungo. Le generazioni prima di noi hanno fatto esattamente la stessa cosa: i vecchi si lamentano sempre dei giovani. Pace.
Tuttavia, considerando che il mondo è solo migliorato dall’età della pietra ad oggi, e che il progresso ha portato migliori condizioni e vita più lunga per tutti, do per assodato che non ci sia alcun problema con le ultime generazioni, vanno bene come le precedenti. Quello che conta è i giovani che riescano a guidare lo sviluppo delle nuove tecnologie, e fare in modo che esse migliorino ancora la qualità della vita, la capacità di spesa e la salute di tutti, e non solo di pochi.
Tra i tanti aspetti che rendono il digitale diverso rispetto alle tecnologie precedenti, uno interessante è la piattaforma. Che sia un gioco, un portale per l’e-commerce, o il sistema di controllo aereo, non costa nulla trasportarlo da Bra a Shanghai, e l’accesso diventa (quasi) gratuito. Questo significa incontrare nuove persone solo digitalmente, e mai fisicamente. Da qui a capire che le possibilità di gioco, formazione, lavoro, cura della salute siano disponibili dappertutto, ci porta anche a pensare che millenials e generazione Z diventano subito cosmopoliti: diventano uomini e donne di mondo fin dalla nascita.
Il digitale porta i ragazzi ad un maggior confronto, e più intensa competitività, con coetanei a malapena conosciuti in foto, in chat, o sui social media. Ogni immagine e commento su Insta o Snapchat dicono quanto sono belli, fortunati, contenti, e lo urlano a migliaia di persone in un attimo. Ovviamente questo continuo confronto col prossimo porta ansia: per il successo sociale e per quello professionale, ora i giovani sono visibili a tantissimi altri ragazzi 24 ore al giorno, senza pause, senza noia, senza tanto tempo per ragionare.
Quegli otto secondi di cui parlavo sopra sono un dato vero. Inutile preoccuparsi, ma è necessario che Millenials e generazione Z trovino il tempo o il modo per riflettere, per capire se tutto quello che il digitale gli butta addosso a flusso continuo è vero. E capire se e dove stanno le fregature, per evitarle.
Una, a titolo di esempio: se ti convinco a pedalare come un ciclista professionista per consegnar pizze, e rischiar la vita per pochi euro all’ora, e ti premio con qualche maglietta, o star colorata sul cellulare, forse ti ho fregato. Che dici? Già, bel problema confondere il gioco con il lavoro: con divertimento e complimenti non si paga né l’affitto né una dozzina di uova.
Se hai tempo e voglia di approfondire questo tipo di fregatura, il libro “L’utopia delle regole”, di David Graeber, è ben scritto.