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BBB, l’economia secondo Trump

Il 4 luglio, festa della nostra indipendenza dai tiranni britannici, Trump ha firmato l’entrata in vigore del Big Beautiful Budget (BBB), ossia una raccolta di mille pagine di norme che vanno a modificare tassazioni, incentivi e in generale plasmano la nostra politica economica. Nelle votazioni al Congresso il BBB è passato per il rotto della cuffia, promosso solo grazie al voto di JD Vance per uscire dall’impasse di alcuni repubblicani che l’avevano rifiutato.

Nota per i naviganti: la capacità di prevedere in modo affidabile gli effetti di questo BBB è minima, livello testa o croce. La borsa è già risalita oltre ogni drammatica previsione degli immancabili esperti, e l’effetto congiunto di dazi e svalutazione del dollaro sta aiutando la nostra economia ben più di quanto annunciato dai competenti. Chi dice che il BBB porterà l’America alla rovina, piuttosto che a successi mai visti, sta facendo tifo da stadio: simpatico e rumoroso, ma infondato.

Tra i tagli del BBB, quello all’assistenza sanitaria potrebbe portare dodici milioni di persone a perdere l’assicurazione medica, aumentando di conseguenza i fallimenti di chi non riesce a pagare il trattamento farmacologico o ospedaliero. Un risultato di questo genere sarebbe tragico. Diverso è il caso dei tagli alle sovvenzioni per le energie rinnovabili: oggi solare, fotovoltaico e batterie annesse costano già meno delle altre fonti energetiche, quindi fermare lo spreco di contributi governativi per una tecnologia ormai affermata è cosa giusta. Anche il limite ai prestiti per gli studi universitari dovrebbe aiutare, fermando la crescita impazzita delle rette: se non funziona, saranno solo i ricchi a diventare medici in futuro.

Per quanto riguarda l’impatto sulle tasche dei contribuenti, le prime proiezioni sono di un peggioramento per il 60% della popolazione che già non arriva a fine mese, un pareggio per il 20% che se la cava ed un miglioramento per il 20% che guadagna di più, secondo il principio della trickle-down economy che Trump ci ripete dal primo mandato, ma che ancora non da segni di funzionamento. L’idea che un ricco, avendo molto più grano a disposizione, lo investa in attività imprenditoriali e crei lavoro, non trova un riscontro nella pratica.

Da ultimo, il BBB continua ad incentivare il rientro in America della capacità produttiva di tutti i settori industriali. Ultima in ordine di tempo l’Audi, che ha annunciato investimenti miliardari, mentre altre fabbriche continuano ad essere rimesse a posto rapidamente. Uno strano segnale del funzionamento di questa politica ci arriva dalla Cina, che nel modo libero e democratico che la contraddistingue sta chiedendo alle aziende di rimpatriare gli esperti di progettazione e produzione di molteplici aziende tecnologiche. La Apple, che pensava di aver quadrato il cerchio esportando la produzione degli iPhone dalla Cina all’India per non tornare a produrre in America e pagar troppo in costo del lavoro, è la prima vittima di questa strana risposta cinese.

Se non possiamo prevedere se l’effetto netto di questo BBB sarà positivo o negativo, possiamo riconoscere che svuota parecchie delle promesse elettorali e della prima ora di presidenza. È evidente che al Congresso son tutti ben incollati alle loro poltrone, e le modifiche fatte rispetto alle proposte iniziali hanno reso questo budget più in linea con i precedenti repubblicani. Il fatto che non faccia nulla per ridurre il debito pubblico porta Musk a lanciare un improbabile terzo polo, ma Elon non spiega come riuscirebbe a scappare dalle sabbie mobili di Washington.

Purtroppo il peso dei 16.000 lobbisti, che a Washington ogni anno distribuiscono $5 miliardi in donazioni a tutti i politici a prescindere dal partito di appartenenza, resta eccessivo, e questo BBB lo dimostra. Forse serve qualcosa di più del solo Musk con tre moschettieri per rimettere a posto la nostra macchina politica. Nel frattempo, il 60% più povero del Paese vuole toccare con mano se è stato fregato per l’ennesima volta, come da 50 anni a questa parte.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.