È un passaggio importantissimo: se la mia controparte è una persona come me, la tratto sulla base del principio di reciprocità che guida il vivere civile da sempre. Se invece è il demonio, lo devo distruggere, non sedermi al tavolo negoziale.
Fin da bambini impariamo che se tu mi tratti bene io faccio altrettanto, se mi picchi io reagisco. Il bulletto, che a scuola insulta e spintona il compagno, ha comunque colpa quando la vittima reagisca coi pugni. La vittima che ha reagito, pur sbagliando con la violenza, ha l’attenuante.
Quando pensiamo all’invasione ucraina, unprovoked è stato fondamentale per condannare come immorale, criminale e completamente ingiustificato l’attacco di Putin, e per estensione di tutti i russi. Qualsiasi tentativo di provare a capire le ragioni del nemico è stato bollato come putinismo, non solo inutile opinione, ma concetto dannoso per il nostro comune sentire. Senza nemmeno provare a capire le ragioni delle due controparti non si apre la strada al negoziato, il cui esito peggiore è sempre meglio della guerra.
Per convincere masse di contribuenti europei ed americani a tirare la cinghia, spegnere il condizionatore e centellinare il gas, serviva convincerli che Putin e concittadini sono il male, quindi diversi da noi, quindi da combattere senza tregua, fino alla fine. Ora, dopo centinaia di miliardi finiti nelle casse dei produttori di armamenti, e centinaia di migliaia di morti ucraini e russi, dopo aver preso in giro le pale e le lavatrici russe, unprovoked è arrivato al termine, passato di moda.
Trump arriva da Marte, con tutta la sua corte, e ci spiega che in effetti la NATO ed il blocco occidentale hanno provocato la Russia, a lungo, in diversi modi. Oddio, chi è il bullo allora? Putin non è più Belzebù ed i russi non sono più scimmie mentecatte? Panico tra i neuroni di chi si abbevera ai media mainstream: bisogna rapidamente rivedere le proprie certezze, organizzarsi per un’inversione ad U della narrativa.
Attendiamo fiduciosi che questo faro di verità che è il nostro Presidente termini l’uso di unprovoked ad ampio spettro, sia per altri conflitti internazionali sia sul fronte domestico, come nel caso di Luigi Mangione. Ricorderete il ragazzo che ha ucciso il CEO dell’assicurazione sanitaria che nega il 32% dei rimborsi sanitari, a tutti gli effetti rovinando i risparmi e la salute di centinaia di migliaia di americani. L’accusa nel suo caso non è di semplice omicidio, ma di terrorismo, giustificato dal fatto di non avere alcuna motivazione se non terrorizzare i capi e dipendenti di queste aziende. A differenza di tutti gli altri omicidi di New York, solo Luigi rischia la pena capitale.
Secondo l’accusa Mangione ha ucciso senza essere in alcun modo provocato, solo per puro intento terrorista. La speranza è che la giuria riprenda il contesto corretto, e lo giudichi per quel che ha fatto sapendo cosa l’ha spinto al crimine. Se accettiamo che il sistema sanitario americano porta alla rovina ed alla disperazione milioni di cittadini, se vediamo la provocazione che rischia di sfociare in crimine, abbiamo fatto il primo passo per mettere le cose a posto. Come in Ucraina, se capiamo la provocazione, possiamo sederci al tavolo negoziale.