Il Cameo


Neo giornalismo italico tra palazzi, social, carta stampata e tv

Un caso raro. La scorsa settimana ho passato un’intera serata per un’intervista-dibattito su La 7, la tv di proprietà dell’unico Presidente che riconosca, senza se e senza ma, quello del Torino Calcio. Appartengo infatti alla corrente moderata dei tifosi del Toro che preferiscono una proprietà italiana, seppur dal braccino corto, al CEO di un’imbarazzante multinazionale quotata a Wall Street dal braccino storto.

Si trattava della lacrimevole storia di un personaggio mediatico per eccellenza (ex giornalista, ex direttore RAI, diventato in corso d’opera ex ministro!) che pare avesse promesso a una dottoressa-influencer a lui vicina un posto da “consigliere ministeriale per grandi eventi”, non retribuito, quindi esente dal mitico follow the money! Promessa che poi lui si rimangia, chiedendo perdono alla moglie, ma non a lei. A questa confusa conclusione dell’evento, lei non ci sta, comincia a raccontare episodi, pubblica foto, documenti ministeriali, costringendolo a dimissioni irrevocabili e al ritiro per alcuni giorni in un convento francescano. Un feuilleton novecentesco al tempo della Ia?

La 7 decide di dedicargli una serata, sceglie due suoi prestigiosi intervistatori e un parterre di giornalisti terzi di alto lignaggio, riconducibili oltre che all’editore padrone di casa, ai due principali editori italiani, due che nella vita normale si occupano uno del business delle auto elettriche, l’altro del business delle cliniche convenzionate.

Molto alta la professionalità giornalistica dispiegata dagli invitati, non per nulla erano personaggi di vertice di testate celebri, mostrando tutti un’impeccabile eleganza di tratto verso la dottoressa-influencer. Apprezzabile che per le quattro ore dell’evento tutti siano rimasti concentrati sul pezzo, nessuno di loro si è mai rilassato, la leggerezza e l’ironia mai hanno fatto capolino, anche se si è fatta sentire la mancanza di un domatore da circo mediatico come il mitico direttore Mentana.

Immagino che per telespettatori d’antan, amanti del gossip sessual-patriarcale, il “triangolo d’oro uomo-moglie-amante”, sia stata una trasmissione molto appassionante. Per me, esclusivamente interessato allo studio delle dinamiche dell’attuale evoluzione della nostra professione in un neo giornalismo che si barcamena tra palazzi, crisi gestionali, social, politica politicante, di cui parla da tempo Mario Mocellini della Sapienza, è stata una serata culturalmente molto stimolante. Infatti, me la sono goduta fino alla fine, trascurando colpevolmente sia l’Italia di Spalletti, sia il tennis di Sinner.

Grazie a La 7 ho colto un aspetto dello scenario in movimento del giornalismo anni Duemila Venti, dove, per il solo fatto di rapportarci ad eventi come questo o il prossimo che già si preannuncia, dicono quelli che sanno, molto più imbarazzante per il trio politica-magistratura-editori, noi editori-giornalisti siamo in difficoltà a capire addirittura cosa stiamo diventando. Né carne né pesce, né buoni né cattivi? Siamo sempre più chiusi nei nostri salotti redazionali, vivendo nella più bieca normalità sognando improbabili scoop, timorosi di affrontare l’atmosfera pesante che grava sulla vita vera dei nostri concittadini, che poi è anche la nostra. E dai nostri lettori-spettatori ci allontaniamo sempre più, i loro problemi, che sarebbero poi anche i nostri, non li capiamo più. Accettiamo che ci siano cinture sanitario-culturali verso quelli che le élite al potere hanno battezzato come deplorables, i nuovi paria del decadente Occidente, e noi l’accettiamo, terrorizzati di finirci dentro, senza capire che il ruolo successivo sarà quello dei kapò.

Il più elevato in grado nella gerarchia giornalistica della serata si è assunto la responsabilità della sintesi finale: “Il caso Boccia-Sangiuliano non è chiuso!” e così tutti noi, tirato un respiro di sollievo in nome di un sognato giornalismo boutique, abbiamo potuto ritirarci nei nostri appartamenti notturni. E il giorno dopo ci siamo svegliati con il Report sull’Europa del futuro di Mario Draghi, 328 pagine fresche di stampa. Mi butto nella sua lettura!

Applausi dal colto pubblico e dall’inclita guarnigione!

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.