Educazione e cultura: il futuro si costruisce a scuola
La scuola non può limitarsi a riprodurre la società: deve formare menti libere, critiche e capaci di immaginare un mondo nuovo.
La scuola non può limitarsi a riprodurre la società: deve formare menti libere, critiche e capaci di immaginare un mondo nuovo.
La scuola italiana, oggi, si trova a un bivio cruciale. Le sfide del presente, da un mercato del lavoro in continua evoluzione a una società sempre più complessa, richiedono un ripensamento profondo che vada oltre la semplice aggiunta di materie o la revisione dei programmi. Non è sufficiente aggiornare ciò che si insegna; è necessario ripensare il perché e il come. Il vero nodo da sciogliere è la separazione, troppo spesso radicata, tra istruzione ed educazione.
Dalla selezione del passato all’inclusione del presente, fino alle nuove frontiere digitali: perché il vero pericolo non è il declino, ma la perdita di senso.
Nella cultura occidentale contemporanea, l’educazione sembra aver smarrito la propria anima. Di fronte alle grandi domande dell’esistenza – la nascita, la sofferenza, la malattia, la morte – prevale il silenzio. Temi che un tempo costituivano il cuore della formazione umana sono oggi relegati ai margini, rimossi dalla coscienza collettiva e dall’agenda educativa. Come se parlarne potesse incrinare l’illusione di una vita sotto controllo, priva di limiti e dolori, dominata dal benessere, dal consumo e dalla performance.
Viviamo tempi saturi. Saturi di dati, di parole, di notifiche. Mai come oggi l’essere umano ha avuto accesso a così tante informazioni in così poco tempo. Eppure, mai come oggi sembra smarrito, inquieto, confuso. Si moltiplicano le notizie, ma non la comprensione; cresce la connessione, ma si assottiglia il silenzio. In questa tensione si gioca un dramma spesso silenzioso e invisibile: la news addiction, ovvero la dipendenza dalle notizie, un'epidemia silenziosa della Modernità.
La condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo è segnata da un paradosso inquietante: da un lato, siamo testimoni di straordinari progressi tecnologici e scientifici che ci permettono di compiere imprese un tempo impensabili; dall’altro, la nostra esistenza appare lacerata da contraddizioni profonde e da sfide morali, sociali e spirituali che mettono in discussione il senso della vita e la direzione del nostro cammino.
"Se la vita ha un significato in sé, allora deve avere un significato anche la sofferenza". Viktor E. Frankl
L’esperienza universale del dolore che accompagna l’umanità, ha promosso e alimenta, di continuo, riflessioni filosofiche, religiose e scientifiche. La sofferenza è uno stato intimo e personale e, al contempo, un fenomeno che reclama un’elaborazione che va oltre la percezione immediata del singolo.
La condizione dell’uomo contemporaneo, come già prefigurato da Pasolini nella sua acuta diagnosi poetica e sociale, si presenta segnata da un profondo disorientamento. L’espressione «L’ora è confusa e noi come perduti la viviamo» non si limita a constatare un malessere storico, ma svela una crisi più profonda, esistenziale e metafisica: quella del senso.
L’ascolto è un atto più profondo e complesso di quanto appaia a prima vista; non si tratta semplicemente di ricevere suoni, ma di accogliere e interpretare l’essenza di chi ci parla. Quando una persona si esprime, compie un atto di generosità, offre una parte di sé, rivelando intenzioni, speranze, timori.
La giornalista e saggista statunitense Anne Applebaum lancia un allarme: i dittatori di tutto il mondo si sono alleati in un fronte comune. Sono «un gruppo tenuto insieme da una spietata e assoluta determinazione a preservare il proprio potere e la propria personale ricchezza» (Autocrazie, Mondadori 2024). Per raggiungere questo obiettivo, sfruttano strutture finanziarie illecite, servizi di sicurezza deviati ed esperti di tecnologia, strumenti con cui orchestrano sorveglianza, propaganda e disinformazione.