“Trasformare il mistero dell'Incarnazione - l'eterno che si fa storia, tempo fugace, carne fragile e peritura - o anche solo l'infantile poesia di Gesù Bambino o dell'Angelo che porta i doni nella figura di un vecchio panciuto e svampito, dal viso rubizzo e giulivamente ebete, è un po' troppo”. (Claudio Magris)
Ieri, il Natale era una fusione di sacro e profano, di gioia e malinconia: non solo occasione di tenerezza e affetto familiare, ma anche momento in cui emergevano e si stemperavano antichi rancori, trasmettendo ai bambini il complesso intreccio di amore e avversione che caratterizza i legami umani. L'infanzia era protagonista in quella ripetizione annuale che mescolava gioia e malinconia, immortalate nelle foto di famiglia cariche di una sottile tristezza.
Quel Natale era autentico, preludio alla Buona Novella, vissuto come un compimento di attese e valori. Oggi, Babbo Natale, con il suo sorriso costante e rassicurante, rappresenta un ottimismo illusorio che nega le complessità della vita, trasforma la Festività in una frenesia di acquisti, oscurando la profondità del tempo che passa, delle relazioni che cambiano e della caducità umana. Ieri, i regali sotto l'albero o il presepe evocavano una magia effimera che, pur regalando felicità momentanea, metteva in risalto la transitorietà della vita. Le tavolate familiari si modificavano con il passare del tempo, accogliendo nuovi membri ma segnate anche dall'assenza di coloro che non c'erano più, suscitando sentimenti di nostalgia.
Oggi, quella consapevolezza è stata soppiantata da un entusiasmo cieco e impulsivo nei confronti di un “totalizzante sistema”, che massifica i comportamenti degli individui nei modelli di mercato, nuova religione della società occidentale con le sue moderne cattedrali. Il vero Natale è una celebrazione che unisce gioia e dolore. Il Natale cristiano è la storia di un Salvatore che conoscerà l’estremo abbattimento, non la storia di una figura giuliva che occulta il dolore del mondo. Babbo Natale vuole farci dimenticare che siamo sull'orlo di un vulcano, il quale potrebbe eruttare fuoco distruttore da un momento all'altro; che le tensioni del mondo si vanno facendo insopportabili e incontrollabili; che davanti al Presepe premono, per entrare in quella capanna che è il cuore del mondo, più persone di quante essa possa accogliere. Babbo Natale non si turba per le stragi di innocenti, per i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni di persone.
Il fasullo scampanellìo della sua slitta cerca di sopraffare il coro degli angeli che annunciano gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore; cerca di coprirlo perché, se lo si sente, si rimane sbigottiti dalla smentita che quell'annuncio riceve sulla Terra, dove la pace è quasi sempre negata ai popoli e accordata casomai ai criminali. Il canto degli angeli, smorzato dalle ingiustizie del mondo, deve essere ascoltato, perché in esso risiede una speranza autentica, capace di affrontare le difficoltà e le tensioni. Senza la memoria del dolore del mondo e delle speranze spezzate non c’è Natale autentico, occasione per abbracciare sia la gioia che la sofferenza, rifiutando uno dei miti più radicati nel cuore dell’uomo: il mito del benessere. “Nella prosperità l’uomo non comprende” (Sal 49,21) Attraverso una sapiente consapevolezza, il Natale può tornare a essere una festa di speranza reale, in grado di redimere il dolore e portare alla luce la vera essenza del messaggio cristiano.