... la classica bottega di apprendistato del giovane allievo. Per vario tempo l’idea della bottega è rimasta presente, infatti ogni professore aveva il suo studio nel palazzo di Brera e i suoi studenti “lavoravano” con lui. Lo studio di Francesco Hayez, l’attuale Aula 48, ne è un meraviglioso esempio.
Si può in qualche modo, forse, insegnare la pittura attraverso un metodo o forse una tecnica. Personalmente tengo un corso molto pratico, che rivendico con orgoglio, perché considero la pratica della pittura un’arma sia spirituale che filosofica. In generale però le accademie sono diventate , anche se parrebbe strano, molto teoriche, privilegiano la cultura del progetto e della sperimentazione, a quella del fare. Questo dipende dal fatto che un certo approccio concettuale all’arte ha preso piede e molti considerano questo tipo di insegnamento il migliore possibile.
Forse è per questo che la DAD quest’anno non è stata così vissuta male da parte di molti docenti, tranne forse per il dispiacere di non avere un rapporto diretto con i propri alunni. Personalmente mi sento un leone in gabbia, le tecniche pittoriche non si insegnano tramite Google Meet. Ho provato a reagire ma non è servito a molto. Vedo i miei studenti attraverso il monitor, sempre più confusi. Molti di loro sarebbero venuti a stare a Milano ma vista l’emergenza sanitaria, sono tornati a casa. Si collegano da tutta l’Italia e anche dall’estero, forse è per questo che non riescono a organizzare la benché minima protesta, anche se si scambiano informazioni, che io sappia: hanno dei gruppi su Facebook. Sono bravi, mi seguono, si impegnano, forse qualcuno è pure arrabbiato, ma l’unica a dirlo sono io. Sono relegata su una sedia quando invece, nella mia grande aula ariosa, mi muovo in continuazione e li osservo lavorare. Purtroppo è difficile per loro contrapporsi a un nemico oscuro e con l'ansia di potere far del male ai propri cari. Hanno già demandato da tempo una certa socialità attraverso il digitale e ora, dopo quest’anno chiusi in casa, si sono proprio un po’ intorpiditi.