Vita d'artista


Ritratti in prima linea

È cosa rara nella vita sentirsi al posto giusto al momento giusto. Eppure venerdì scorso è accaduto pure a me.  Ero a Domodossola, in occasione della mia partecipazione a una conferenza dal tema “I miei ritratti in prima linea”, dedicata all'opera del fotografo Andrea Frazzetta, colui che tra i primi ha fotografato i volti dei medici e del personale sanitario impegnato nella lotta al Coronavirus nei tragici giorni di inizio pandemia. Il suo servizio è stato pubblicato sul New York Time Magazine. Alla conferenza c'era anche  Monica Falocchi, capo-infermiera degli Spedali Civici di Brescia, che grazie ad Andrea è finita, volente o nolente, in prima pagina.

Deus ex machina Giuseppe Frangi, il curatore della mostra di cui la conferenza è stata una costola, che con spirito lieve ci ha chiamato tutti a raccolta a Domodossola.

Io ero lì perché il mio “Ritratto di ritratto” (un grande ritratto a olio di Monica Falocchi a partire dalla foto di Frazzetta) ha inaugurato per l'appunto la mostra “Umano molto umano”, un’esposizione totalmente calata nel presente, la cui fruizione è stata ed è libera, “su piazza”. Le opere, infatti, sono state esposte a turno nella grande vetrina di un palazzo del centro città.

L’intento del "Ritratto di un ritratto" era molteplice: proporre al pubblico un’interazione tra la “realtà”, cioè Monica, e la tensione anche mediatica di quei giorni, “la cronaca fotografica ”con la sua grande capacità di cogliere l’attimo, e infine intrecciare il tutto con la mia “riscrittura artistica”. Il confronto su questo, durante la conferenza, è stato interessantissimo.

Non tutti i linguaggi sono uguali e il compito della pittura, a mio avviso, è quello di far decantare le emozioni e liberarle dalla morsa dell’attualità, per spingerle verso un sentimento di verità che resista al tempo. In questo senso la pittura è onnivora e riesce a cogliere ogni nuovo sguardo, che sia esso naturale o artificiale, in quel particolare modo che Cézanne definiva il “pensare in pittura”. La pittura si appropria di ogni cosa visibile per trasformarla con le mani e con gli occhi in un’opera che è lavoro umano e spirito umano a dispetto di ogni pandemia.

Al di là dei miti contemporanei, perché Domodossola non è New York e Casa De Rodis non è il Moma, alle volte - come mi è accaduto venerdì scorso - ci si rende conto di come le possibilità di approfondimento non sempre crescano negli spazi “giusti” secondo la vulgata mediatica, o peggio ancora in tivù, ma fioriscano in luoghi periferici, diventando così preziose e uniche. Il gran finale della mostra è il “ Ritratto della madre” di Umberto Boccioni, in esposizione fino al 17 ottobre.  Un’occasione per visitare quel luogo incantevole.

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Diego Saccoman (Milano): meccanico di paese, 60 punti di sutura e mai vinto niente