... che erano stati colonizzati dopo il suo arrivo, cancellando la festa degli italo-americani. All’improvviso comparvero studi che dimostravano nefandezze dell’esploratore genovese. Quando sei politically correct non puoi festeggiare l’invasore, ma devi metterti dalla parte dell’oppresso, e se serve riscrivere la Storia, gli studiosi a disposizione si trovano.
Cercando di destreggiarsi tra i molti articoli e libri usciti sul tema, emerge netta l’impressione che all’arrivo Colombo abbia trattato bene la popolazione locale, ma negli anni seguenti ci siano state stragi e torture. Quanto queste siano effettivamente colpa del navigatore non è chiaro, ma il punto dirimente è come considerare l’europeo che ha conquistato l’America: prode esploratore o atroce carnefice? E perché è così importante usare Colombo per festeggiare la comunità italo-americana?
Come gli irlandesi hanno St. Patrick (San Patrizio), gli italiani potrebbero cambiare con uno tra i 300 santi a disposizione, o meglio un Da Vinci, un Galileo, un Garibaldi. Come gli irlandesi inondano la loro festa di Guinness, gli italiani potrebbero far altrettanto coi vini italici, giusto? Poi, se vogliamo festeggiare gli indigeni, perché non scegliere un altra data? A che serve innescare questo conflitto?
Senza toccare il concetto di stupidità clinica, pare curioso questo scontro sulla festa della comunità italo-americana. Se dopo 500 anni si va a riscrivere la storia, cui prodest? Il nocciolo del 12 ottobre è la celebrazione del contributo italiano all’America, che va ovviamente ben oltre Colombo. Se i bis-bis-nipoti degli “indiani” che si trovarono invasi dalle caravelle spagnole vogliono protestare, cosa facciamo per tutte le altre tribù accantonate nelle riserve ancora oggi, e per i bis-bis nipoti dei 240 schiavi di Washington? Cancelliamo la sua immagine dalle banconote? Non la finiamo più.
Purtroppo il caso del Columbus Day non è isolato: la political correctness va a riscrivere una serie di fatti storici, con il solo scopo di cancellare opinioni diverse ed uniformare il punto di vista ad uno solo, quello dell’establishment finanziario delle élites. E questa tendenza a silenziare il dibattito è un grave problema della sinistra dem americana, perché rinnega il diritto fondamentale di ogni americano, la libertà di parola ("freedom of speech"). Raccomando questa breve intervista a Noam Chomsky qui e questo suo sunto sul tema: “Certo che Goebbels era a a favore della libertà di parola, per le opinioni che gli piacevano. Anche Stalin. Ma non funziona così. Se veramente amate la libertà di parola, allora dovete voler sentire le opinioni che vi fanno schifo. Altrimenti non potete dire che siete a favore della libertà di parola.”
Quindi? Per me niente festa il 12 ottobre, rinuncio, gnapossofà...
Io festeggerò il giorno prima, domenica 11, ed invito gli amici che amano la libertà di parola ad associarsi. Sarà un Carnevale, come quello di Venezia ma sparso in molte città del mondo, tutti in maschera e connessi via internet. Questa festa è dedicata a David Graeber, scomparso troppo presto proprio a Venezia, poche settimane fa.
Antropologo sempre pronto allo scherzo e simpaticissimo, ci ha dato contributi importanti per originalità ed onestà intellettuale. Dall’alba al tramonto, domenica 11 ottobre, rileggeremo le sue opere in molte piazze del mondo. Se volete partecipare seguite su twitter #Carnival4David oppure qui. Sicuramente ci saranno incontri a Torino e Milano, spero che altre piazze si aggiungano. Una festa in maschera, tutti liberi dalla political correctness, tutti con le nostre idee, anche fuori dal mainstream delle élites.