Vita d'artista


BAG

Recentemente sono andata all’inaugurazione della Bocconi Art Gallery, invitata da un amico. Non avevo tanta voglia di andare, per la verità, perché ricordavo la prima edizione, presso la vecchia sede e non mi sembrava tanto interessante. Mi viene però indicato il palazzo di via Roentgen, recentemente ristrutturato dagli irlandesi Grafton Architecs, e allora mi incuriosisco un po’.

Anche se son milanese non riesco certo a tener dietro a tutte le novità architettoniche, ma certamente in circonvallazione, dopo la sede del Pane Quotidiano, mi ero accorta spiccare la nuova architettura della Bocconi, in questo caso realizzata dallo studio giapponese di architettura SANAA, al posto della vecchia Centrale del Latte di Milano. Edifici curvilinei avvolti da una rete in mezzo al verde, un po’ eterei e un po’ estranei al contesto, ma di certo si impongono alla vista, forse come un’astronave.

Entro, lo spazio è enorme, una grandeur direi newyorkese, da megaloft della galleria Gagosian a Chelsea, con quella muscolarità tipica del potere commerciale, da “impero dell’arte”. Pavimenti in cemento armato, pareti altissime, porte in vetro, sono quello che definiscono non tanto uno spazio espositivo, quanto come direbbe Baudrillard, una cattedrale contemporanea. Alle pareti, opere rigorosamente astratte, spesso murali, come quella imponente di Alessandro Mendini, di fronte a quella altrettanto grande di Francois Morellet , in questo caso con un’installazione di neon blu che creano una sorta di texture luminosa. Senza parlare di Giulio Paolini, Richard Long, Daniel Buren, Mona Hatoum e altri bravissimi artisti italiani: ma zero figurazione. Il mio amico mi sussurra che se voglio essere chiamata devo inventarmi qualcosa di astratto e io sorrido dentro di me pensando che dal punto di vista identitario potrei essere assolutamente aniconica.

Ammetto che la visita è stata per me un’esperienza e che sono stata molto colpita dalla serietà dell’operazione e dalla chiarezza di intenti. L’economia ha bisogno dell’arte per definire probabilmente un nuovo modo di pensare, o un nuovo mondo delle idee, e per questo forse le troppe emozioni sono bandite. Deve approfondire una dimensione spirituale, probabilmente aiutare la concentrazione, o distrarsi con linee astratte o colori puri: un linguaggio dichiaratamente spossessato di ogni tratto umano. Niente lacrime e sangue. La bellezza, nel tempo dell’economia milanese, può essere solo algida e fredda. Se posso dire, come al solito, pochissime le artiste donne presenti, ma in fondo quante ce ne sono nei consigli di amministrazione? Consiglio in ogni caso una visita.


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