Il desiderio, che è un elemento costitutivo del nostro essere ed è all’inizio legato alla nostra materialità. La mente umana sta in un corpo, e il metabolismo di quel corpo si fa sentire. Proviamo fame, sete, sonno e di conseguenza desideriamo e agiamo. Ricerchiamo il porto sicuro di una madre, il calore di una carezza, rifuggiamo la noia abbracciando il gioco, siamo spinti dalla curiosità ad andare oltre la nostra zona di comfort. Prendi un bambino e mettilo al centro di una stanza vuota, dopo poco lo ritroverai guardare in una delle stanze contigue attraverso la porta.
Poi, con la maturità, il desiderio diventa più sottile e si rafforza in noi la volontà di essere qualcuno nella vita. Ci poniamo obiettivi personali, generalmente per rapporto alla comunità in cui viviamo e con cui condividiamo un’etica.
Il sociologo Michel Crozier sosteneva che l’uomo “non è soltanto un braccio e un cuore, ma mente, progetto, libertà”.
Non ci accontentiamo di un lavoro ripetitivo, né delle pacche sulle spalle che ci confortano in una vita grama: tendiamo naturalmente a intraprendere, a realizzare progetti per noi e i nostri cari, rivendicando la nostra libertà. Queste legittime aspirazioni non sono compatibili con l’agire sincroni come ingranaggi di una macchina. Se il lavoro ripetitivo non ci dà soddisfazione, ci porremo obiettivi altrove. Certo, dopo la mazzata del COVID in quella che gli psicologi definiscono l’”era del disagio”, è cresciuta nei nostri giovani la difficoltà di porsi obiettivi ragionevoli, complice la complessità del mondo e l’affievolirsi dell’ascensore sociale.
D’altra parte lo psicanalista Gustav Jung ci ammoniva che “la vita non può essere pura rassegnazione e malinconica contemplazione del passato”.
Il punto è che questa volontà di cogliere i nostri obiettivi nell’unica vita che ci è data è talmente forte che spesso, più spesso di quanto ci confessiamo, sacrifichiamo al suo altare l’etica, mentendo consapevolmente o non raccontandola tutta. Siamo umani e come tali imprevedibili. Nonostante ciò, siamo l’unica specie che ha organizzato un sistema di istruzione, si è data un corpus giuridico a cui attenersi, ha scelto di stare insieme non solo per sopravvivere ma per progredire.
Nella marea di libri che popolano ogni biblioteca o di dati che sempre più registrano cosa facciamo in ogni istante ci sono i nostri errori. L’intelligenza artificiale che si nutre di questi dati non potrà che esserne affetta e per questo dobbiamo prendere i suoi suggerimenti cum grano salis.
Se mai svilupperemo un’intelligenza artificiale in grado di esprimere autonomamente una volontà e quindi di mentire consapevolmente per soddisfarla, beh allora sì che dovremo averne paura.
Sapremo evitarlo o meriteremo di estinguerci?