... si riferisce all’"arte del ben morire", un accompagnamento al momento in cui una persona si appresta a congedarsi dal mondo terreno. Ad essa si rifà una ricca produzione di testi e opere concepiti per affrontare al meglio la dolorosa circostanza.
Questi testi, destinati ai fedeli, fornivano il sostegno adatto di fronte alle paure più frequenti : quella di finire all’Inferno, di perdere i beni accumulati, di non avere abbastanza fede, di non riuscire a sopportare le sofferenze. Erano opere dalle storie esemplari, corredate di xilografie, da cui derivarono molte edizioni, alcune delle quali estremamente popolari. E’ molto interessante notare quanto spazio ha la morte nella produzione artistica e letteraria fino all’età moderna e come poi venga quasi bandita ai giorni nostri forse per l’illusione di una “eterna giovinezza”. E’ altrettanto triste constatare quanto poco siamo progrediti da questo punto di vista; i nostri anziani, alcuni nostri cari, sono morti soli, espropriati della loro “dignità”, privati dell’accompagnamento dei loro cari.
Di questo riflettevo quando mi sono imbattuta in un olio su tavola di Hieronymus Bosch, dal titolo “La morte dell’avaro” (1485), che è debitore dell'Ars moriendi. Con la sottile ironia che pervade i suoi capolavori, Bosch rappresenta il “povero” avaro ( peccatore tra i più stigmatizzati) ormai emaciato e in punto di morte, ancora tentato dai demoni che gli offrono un sacco d’oro, preoccupato dalle creature infernali che si intrufolano nella stanza rubando impietosamente i suoi tesori e dallo scheletro della morte che si affaccia all’uscio, impugnando una freccia. Anche se vi è un angelo accanto a lui, che invita il moribondo al pentimento, l’atmosfera è satura di presenze mostruose, da incubo. Nei numerosi trattati del “ben morire” si insiste molto sulla necessità di non mostrare attaccamento verso i beni materiali e mondani e l’opera di Bosch, con la sua ricchezza di dettagli ne da una vivida testimonianza.