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Emigrare in America

Questa settimana un infarto ha portato via Jeff Capaccio, amico italo-americano che ha fatto tantissimo per aiutare ragazzi, professionisti e famiglie ad immigrare in America. Dall’organizzazione di vacanze studio nella Silicon Valley, all’aiutare start-up ed aziende ad orientarsi tra leggi e modi di fare americani, Jeff ha aiutato generazioni di novelli migranti. Nel 2010 mi presentò ad un gruppo di italo-americani a Washington, annunciando solenne che come i loro padri e nonni avevo lasciato famiglia ed amici in Italia per...

... far vivere ai miei figli il sogno americano. E questi, uno ad uno, vennero commossi a stringermi la mano e conoscermi, come avessi fatto qualcosa di eroico. Sembra strano: nel 2010 ero arrivato comodamente in aereo, e tanto i voli quanto le connessioni internet mi consentono di mantenere i rapporti con l’Italia in un modo ben diverso da chi emigrò negli anni ’50. Il mio “sacrificio” è nulla in confronto a quello dei loro genitori e nonni, ciononostante una trentina di persone vennero a darmi un caloroso benvenuto nella comunità “italiana” (leggi italo-americana).

Quegli italo-americani mi accolsero sulla semplice base del fatto che venivo dall’Italia, per cercare nuove opportunità. Una scena che si ripete spesso in tutte le comunità di migranti: dalle irlandesi, alle cinesi, libanesi, nigeriane, la gente fa il possibile per accogliere chi arriva dal paese di origine. Questo si traduce nel rispetto e tramando di una serie di tradizioni che nei paesi d’origine si perdono. Ho amici professionisti che una volta all’anno fanno il vino, il salame, la conserva, come gli e’ stato tramandato da genitori e nonni. E mentre io manco mi sogno di costringere la prole a produrre salame, loro fanno il possibile per passare questo “heritage” (tradizione) ai loro figli.
Quest’attenzione alle radici fa si che in America si trovino tutti i prodotti agro-alimentari italiani, e non stupisce che negli ultimi dieci anni gli acquisti dall’Italia siano raddoppiati ad oltre $6miliardi: gli USA sono il terzo mercato di esportazione dal nostro paese, dopo Germania e Francia. Anche al di fuori dell’agro-alimentare, la reputazione italiana è forte in termini di impegno professionale ed imprenditorialità: essere italiani è un vantaggio. Cosa significa questo per chi consideri di emigrare?

Esiste una rete di appoggio molto estesa, pronta ad accogliere chi arriva e dare una mano nei primi passi. Ovviamente gli organi istituzionali, da Consolato ed Ambasciata, a ITA (Istituto Commercio Estero), aiutano per quanto di competenza ed assicurare il rispetto delle normative di entrambe i paesi. Esistono poi associazioni di aziende o professionisti che in ambito cittadino costituiscono una rete di appoggio, cui affidarsi prima ancora di fare il grande passo.

Dall’Italia si possono avere idee molto rosee, dalla facilita’ di trovar lavoro, a stipendi molto più alti, alla facilita’ di aprire un impresa, ai finanziamenti milionari che si possono raccogliere per far crescere un azienda rapidamente. Tutte cose vere, ma la modalità per ottenerle richiede attenta navigazione ed un orizzonte di almeno un paio d’anni per ingranare bene. Nei prossimi numeri andremo ad esaminare i primi passi, uno ad uno: dall’attenzione per l’immigrazione, a come ci si presenta, a come si spiega perché la propria professionalità, prodotti o servizi siano competitivi rispetto alla concorrenza.

Immigrando negli USA si può diventare americani, al pari degli altri, in ben meno di dieci anni: pochi altri paesi consentono la nazionalizzazione così velocemente. Ma anche restando in Italia si può usufruire di notevoli vantaggi da una buona relazione oltreoceano, specie per investimenti ed attività imprenditoriali. Nei prossimi numeri entriamo nei dettagli.       

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa