Poi si scende di un ordine di grandezza con la Cina (500-600), la Francia (290) e il Regno Unito (225). Sul fronte Indo-Pakistano su entrambi i fronti sono schierate circa 170 testate, mentre circa 90 sono in Israele. Sembra infine che alla Corea del Nord siano attribuibili tra 30 e 50 testate. India, Pakistan e Corea del Nord non hanno la tecnologia della fusione (bomba H), se non in sviluppo.
Se le bombe hanno una bandiera nazionale, la loro collocazione geografica spesso travalica quei confini. La Russia ha testate su tutto il suo territorio, ma da poco anche in Bielorussia, senza contare la presenza di suoi sottomarini armati nei mari. Oltre che in patria, gli Stati Uniti hanno disseminato di testate e bombe a fusione anche paesi della NATO (Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Turchia). Gli arsenali di Cina, India, Pakistan, Israele e Korea del Nord sono invece di carattere regionale e principalmente focalizzati sulla deterrenza rispetto ai vicini.
Al momento attuale, la Russia è probabilmente da considerarsi il paese che pone il rischio più elevato di un'escalation verso un conflitto nucleare, a causa di una combinazione di fattori militari, dottrinali e geopolitici. Infatti, la Russia ha aggiornato nel 2024 la propria dottrina nucleare, abbassando la soglia per l'uso delle armi nucleari. Questo cambiamento implica che la Russia potrebbe considerare l'uso di armi nucleari in risposta a minacce convenzionali significative. Più volte Putin ha fatto dichiarazioni che suggeriscono la possibilità di utilizzare armi nucleari nel conflitto in Ucraina. Lo schieramento di testate nucleare in Bielorussa appare inoltre un segno di tensione crescente, legato, come per la guerra in Ucraina, a una prova di forza con la NATO, come ai tempi della Guerra Fredda.
Altri paesi a rischio sono India e Pakistan, in perenne sobbollire di tensioni nel Kashmir, nonché la Cina, che, pur avendo una politica "no first use" (nessun primo uso), potrebbe vedere la temperatura crescere a breve per il caso Taiwan e i contrasti con gli USA. Infine la Corea, in grado di colpire solo a livello regionale i suoi nemici giurati (Corea del Sud, il Giappone o gli Stati Uniti nel Pacifico), è forse il fanalino di coda del rischio di guerra termonucleare globale, nonostante il suo leader usi spesso la minaccia nucleare come leva politica o di deterrenza, senza avere d’altra parte alcun interesse a un suicidio nucleare.
E l’Iran? Il programma nucleare iraniano, ancora non approdato a ordigni nucleari, è oggetto di forti tensioni internazionali, soprattutto con Israele e Stati Uniti. Dietro le quinte, una minaccia soprattutto regionale in un’area fortemente instabile.
Quali strumenti abbiamo per evitare il peggio? Ne parleremo la prossima settimana!