Il Cameo


Il futuro dell'editoria e del giornalismo nell'era di IA

Nei primi anni Cinquanta del Novecento, cominciai un mio “secondo lavoro non retribuito” incontrando (quasi sempre solo sui loro libri) personaggi che avrebbero fatto la storia del management e del business. Fu allora che cominciai a studiare, e poi a scegliere, rielaborandolo, il modello organizzativo su tre livelli adottato dalla Chiesa nei primi secoli, e arrivato fino a noi, con una sola variante aggiuntiva, la Curia (scoprii poi che era piena zeppa di “tabernacoli”).

Così nacque IDEA.

William Edwards Deming (1900-1993) fu uno di questi personaggi. Oggi è diventato di grande attualità per un cambio culturale che, con tutta probabilità, connoterà il prossimo futuro: il declino dei creator e l’arrivo sul palcoscenico del management, ormai profondamente condizionato da IA, dei curator. Personalmente me ne compiaccio avendo sempre privilegiato l’execution rispetto alle chiacchiere salottiere finto-strategiche.

Così si spiega la frase mito di Deming: “Senza dati, sei solo un’altra persona con un’opinione”.

Quello era il mondo di allora: i dati erano pochi e molto difficili da raccogliere. Solo quelli del Patriziato erano autorizzati ad accedervi, e proprio sui dati consolidarono il loro potere. Oggi è l’opposto, i dati sono ovunque, apparentemente sono diventati democratici, ma non è così. Essendo troppi non servono a nulla, se non per pochi. Però, questa volta anche quelli della Plebe possono giocarsela: IDEA è anche questo.

Il report “High Performance AI” della MIT Technology Review ci dice che il 74% dell’alto management afferma che la vera sfida oggi non è l’accesso ai dati, ma la loro trasformazione in valore. L’abbondanza di informazioni senza riflessione e perspicacia umana, crea paralisi, non progresso.

Prendiamo il mondo del marketing e della comunicazione, dove ci siamo anche noi dell’editoria. I contenuti ormai li produce IA, attraverso titoli, articoli, immagini, loghi. A nostra insaputa, tutto ciò ha cambiato le regole del gioco, quindi, come detto sopra, via il creator sugli scudi il curator.

Per divertissement, proviamo ad applicare questi concetti al giornalismo. Il nostro è un mondo ancora fermo alla modalità: “La comunicazione è un flusso che parte dalla mente e finisce sul foglio”. Indro Montanelli e Enzo Biagi furono i due miti di quel mondo semplice. Oggi non più, il flusso parte dalla macchina e finisce nella mente di individui che devono essere attrezzati, culturalmente, a “leggere-interpretare-selezionare”. O sai fare questo triplice salto di ruolo o non sei né un editore, né un giornalista del XXI secolo

Un esempio. Se come editore-direttore di Zafferano, decidessi fare un numero dedicato al riarmo dell’Europa mi muoverei più sugli scenari che sulle analisi, seguendo ovviamente le direttive indicate dalla Baronessa, che prevede il riarmo dei 27 UE, avendo come prospettiva quella di un esercito europeo, a guida franco-tedesca, e di un “nemico” certo, la Russia. Dai meandri della mia mente emergerebbe di colpo un dato riportato da un noto esperto di cose militari, ascoltato tempo fa in tv e subito metabolizzato. Questi, senza aggiungere commenti, si limitò a indicare i prezzi unitari in $ degli ultimi modelli di carro armato. Eccoli: Leopard 2 tedesco 29 milioni, americano 14 milioni, russo 4 milioni, cinese 2 milioni. Quanti di noi sanno collegare questi dati per fare paralleli prestazioni-costi e confronti con i costi delle armi “anti-carri” di ieri e di oggi ed elaborare una strategia comunicazionale? Un tempo questo tipo di informazione non era neppure concepibile, ci si limitava a invitare i giovani (solo plebei, of course) ad andare in guerra a fare gli eroi, al grido di “Avanti Savoia!”, con i figli dei patrizi “alle acque”, come si diceva allora.

Tornando a noi, concludo con questa riflessione: in un mondo che parla troppo, spesso con ragionamenti ripetitivi, chi sa cosa dire, come dirlo e ha il coraggio di dirlo, e lo fa ogni giorno con coerenza, avrà un vantaggio competitivo enorme. Il modello organizzativo di Zafferano, la sua “linea editoriale”, la sua configurazione socio-economica, l’assenza di ogni tipo di “tabernacoli”, la predisposizione a un ampio uso di IA, il tutto basato sul modello IDEA, ci porta a concludere che siamo sulla strada giusta. Di più, dobbiamo attrezzarci sempre meglio per quella che sarà l’editoria giornalistica del futuro. Prosit!

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.