Nonostante a lui si debba la trasformazione dell’archetto che ha permesso la trasformazione romantica della musica; nonostante da lui discenda la fama universale dei violini fatti da Stradivari; nonostante la creazione di istituzioni come la London Philarmonic; nonostante tutto, Viotti è stato dimenticato dal grande pubblico.
La mostra di Vercelli, voluta e curata dal violinista Guido Rimonda e dalla Camerata Ducale, che hanno già recuperato l’opera di Viotti registrandola per Decca, vuole provare a capire i motivi di questa obliterazione e ristabilire la memoria. In effetti, la storia è straordinaria e chi andrà a Vercelli potrà gustarne le tappe in uno storytelling appassionante, fatto di musica e violini Stradivari, di scritti e di archetti, di dialoghi e di scene cinematografiche.
Viotti, ragazzino piemontese di famiglia artigiana ma certo non ricca, è notato per il suo straordinario talento di violinista e in una carriera fulminante diventa il violinista più famoso del mondo quando non ha ancora trent’anni. Accompagnato dai violini Stradivari, che rende famosi, e dalla straordinaria invenzione di un nuovo tipo di archetto, Viotti gira ed entusiasma il mondo - come una rock o pop star della nostra epoca - fino a ritirarsi dalla scena per diventare il violinista privato di Sua Maestà Maria Antonietta di Francia. La famiglia reale francese, all’epoca al centro della cultura mondiale, gli affida costruzione e direzione di un teatro intero per il quale Viotti, uomo tutt’altro che astratto, inventa una programmazione innovativa che mischia commedia, opera lirica italiana e opera francese.
È un vertice ed è un vortice di creatività. Solo che il vertice accade nel momento sbagliato. Il teatro apre le porte nel gennaio del fatidico anno 1789. La Rivoluzione si agita già e a luglio scoppia, sovvertendo ogni valore e ogni vita. Da lì per Viotti comincia un’avventura di fughe, esili, trame massoniche, gruppi giacobini, re e restaurazioni, successi e bancarotte, che meriterebbero un film oltre che una mostra. Viotti muore a Londra nel 1824, incredibilmente povero dopo essere stato incredibilmente ricco, ma ancora in possesso di due Stradivari.
Tanti artisti e musicisti si sono ritrovati a fare i conti penosamente con la dura realtà, anche lo stesso Mozart. Viotti però era un inventore, un direttore di teatro (dirigerà persino l’Opéra di Parigi dopo la Restaurazione), un capacissimo manager oltre che un artista. La sua vicenda non è comune. Non è la semplice dura realtà che lo vinse, ma la Storia che lo travolse con i suoi episodi unici e maiuscoli, nella forza dirompente dei suoi casi imprevedibili e delle sue conseguenze fatali, che in tanti sensi finirono con l’influire anche sul suo paradossale poco successo post mortem.
È una vicenda rara e stupefacente che fa pensare al dramma tra le vite individuali e il destino che tanto colpiva Hegel nella Fenomenologia dello Spirito. Il risultato è un paradosso, che Kant definiva sublime: così piccolo sembra il singolo essere umano schiacciato da forze incontrollabili e, allo stesso tempo, così grande, spiritualmente, nel confronto impari. Così la musica sublime rimane come tutto ciò che di bello è stato fatto. E come per caso rovinò, per caso può rinascere, magari proprio dalla passione che muove la mostra vercellese.