Pensieri e pensatori in libertà


André De Tienne e il problema delle digital humanities

Una delle situazioni più comuni dell’attuale rivoluzione digitale è che nel mondo umanistico chi sa programmare i meravigliosi algoritmi che permettono agli esseri umani di vivere in modo così comodo – anche troppo – rispetto al passato ha un’idea vaga di quali siano la natura e gli scopi di ciò per cui sta facendo la programmazione e, d’altro canto, gli specialisti del settore, dai musei alle edizioni critiche, non sanno nulla di programmazione. 

È un po’ la situazione dell’antico detto per cui chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane.

A Indianapolis, Indiana, nel cuore dell’America “vera”, quella che si alza all’alba, cena alle 17 e vive di macchine, basket e cristianesimo (in ogni sua forma), si trova anche uno dei pensatori più interessanti della nostra epoca, che sta provando a risolvere la divaricazione fra digital e humanities. Belga ma trapiantato negli US da più di trent’anni, André De Tienne è il direttore del Peirce Edition Project (https://peirce.iupui.edu), il gruppo che si occupa dal 1979 di pubblicare la complicata edizione critica del genio americano, Charles S. Peirce, filosofo, matematico, logico, astronomo, chimico e molte altre cose ancora.

La complessità dell’operazione sta nel fatto che le centinaia di migliaia di pagine manoscritte di quest’autore devono essere analizzate, studiate, collazionate, verificate con ogni tipo di specialisti e alla fine – in quanto edizione critica – devono essere anche corredate da un apparato di note e spiegazioni imponente. Il problema è che queste operazioni richiedono anni e un lavoro specialistico che pochi al mondo possono compiere e, nel frattempo, la tecnologia si muove rapidamente, rendendo obsoleti i programmi su cui il lavoro viene svolto, spesso obbligando a rifarlo da capo.

Così, De Tienne, di certo il miglior studioso del suo campo, per risolvere il problema è diventato anche un programmatore. Ha progettato una piattaforma su cui tutti gli studiosi del mondo possono operare simultaneamente, con poche ore di formazione. In poche parole, ciascuno collabora alla creazione dell’edizione critica perché quando sta lavorando su un manoscritto lo inserisce direttamente nella piattaforma che, seguendo semplici istruzioni in inglese, lo codifica con criteri universali in modo da essere già pronto per essere pubblicato. Non solo, ogni commento di fatto diventa una pubblicazione verificata, che tutti possono consultare. L’edizione critica diventa insomma un lavoro collettivo, che è allo stesso tempo anche rivista specializzata e forum di confronto. Ovviamente, ciò vale per l’edizione di Peirce come per qualunque edizione critica.

Gli Stati Uniti ci hanno creduto e hanno finanziato il progetto, che si chiama STEP, anche se, come sempre, ci sarà bisogno di sponsor privati per completarlo nei due anni di tempo promessi. Se qualche lettore di Zafferano.news è interessato penso che possa salire on board, scrivendo al direttore del Peirce Edition Project.

Ma la rivoluzione più interessante, a mio avviso, è quella culturale. De Tienne giustamente sostiene che il suo percorso dovrebbe essere quello naturale di tutto il mondo delle digital humanities. Nei percorsi di studio degli umanisti deve rientrare la formazione alla programmazione, ma quest’ultima deve essere possibile da comandare attraverso il linguaggio naturale – inglese, italiano, tedesco, cinese, ecc. Così gli umanisti, che sanno la loro materia e sanno ciò che vogliono, potranno programmare come credono, con lo strumento mediatore che preferiscono: la loro lingua. Come per STEP e l’inglese, ormai questa possibilità è solo questione di volontà e di finanziamenti. Non so se di fatto essa capiterà presto o tardi, ma la direzione non può che essere questa.


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