LA Caverna


Vagabondi o Pellegrini

Il viaggio è la metafora della nostra esperienza umana. Che siamo necessariamente in viaggio è una verità assodata per tutti. Arriviamo da un punto dello spazio e del tempo e camminiamo, viaggiatori in balia di eventi e di scelte, verso un punto indefinito. 

Da quando si nasce bisogna partire, uscire dal presente, camminare protesi verso l’avvenire. Personaggi in fieri ci muoviamo inesorabilmente, intraprendiamo un viaggio multidimensionale, che è sradicamento, conoscenza e oblio, oscurità e purificazione, sfida e incontro con amici e sconosciuti, passione e trasformazione. Costruiamo così, poco a poco, la nostra vita, attraverso esperienze che plasmano, cambiano, alterano e configurano la nostra identità. Non ci si può fermare perché l’esistenza prosegue. La letteratura di ogni paese e di ogni epoca, muovendosi su un piano reale o su uno simbolico, riflette questa esperienza con le descrizioni di viaggi effettivi (il Milione di Marco Polo, le Cinque lettere autografe sulla scoperta dell'America di Cristoforo Colombo...) o trasfigurando il viaggio in simbolo dell’inquietudine dell’uomo e della sua sete di conoscenza (l’Odissea di Omero, la Divina Commedia di Dante...). La storia conserva, nelle sue leggende e nei suoi libri di cronache, il ricordo di numerosi viaggiatori: pellegrini e cavalieri erranti, mercanti e giullari. Ogni uomo, che calca il suolo di questa terra, mentre vive, percorre un viaggio senza ritorno. Egli non ha qui la sua casa stabile, ma vi dimora come straniero. Chi ci ha lanciati in questa avventura, chi ci ha fatto partire, come trovare la strada, dove siamo diretti? C’è il mercante che transita per mari e deserti con una precisa finalità in mente, c’è il turista che avanza per strade e città con gli occhi pieni di meraviglia, c’è il saggio che è spinto dal desiderio di scoprire e sapere, c’è, infine, il pellegrino che viaggia con il cuore, che intreccia in sé dimensioni esistenziali, ricerca e certezza, grazia e tensione interiore verso l’Oltre e l’Altro. Il suo convincimento è camminare su una strada, anche se faticosa, verso una meta. Lo invoca la sua stessa vita, pena l’apatia, il torpore, la disperazione. Il futuro davanti a lui lo invita a camminare con speranza, rompendo gli ormeggi per scappare da legami ingannevoli. Il pellegrino canta e cammina. Canta la gioia d’essere nato, canta il miracolo della vita che rispunta ogni mattina, canta in famiglia con la testimonianza del suo lavoro e delle sue opere buone. Cammina, adempiendo con onestà e generosità il suo dovere, i piedi ben saldi per terra ma gli occhi fissi al cielo che lo attende, cammina nella pazienza e nella fiducia anche se accompagnato da tristezze e malattie, cammina insieme agli altri assumendo le proprie responsabilità personali, familiari, civiche e sociali. Il vagabondo non sa fondamentalmente perché cammina e neppure dove va, sopravvive. Trascurando di prendere coscienza della realtà, spensierato giullare va a zonzo, perde i punti di riferimento, sconfina nell’ignoto, si perde nel nulla, correndo un serio rischio di fallire l’esistenza. È una persona rassegnata, si accontenta di vivere, intriso di dubbi e disincanto. Dentro la gabbia del non senso si inebria di favole o sprofonda nel delirio di una notte senza la luce di un progetto. Il vagare senza meta, ignorando quello che deve schivare o cercare, quello che è necessario o superfluo, giusto o ingiusto, onesto o disonesto, non gli sarà di alcun vantaggio; porterà con sé, incosciente o tormentato, le sue passioni e i suoi malanni. In questo cammino, segnato dal tempo che ci consuma, punteggiato di gioie, insidie e dolori, portiamo con noi solo la casa della nostra anima, perché non possiamo fuggire da noi stessi. Da accorti viaggiatori, nella ferialità del vivere, liberi dall’ansia del possesso delle cose, abbandoniamo la zavorra dei valori fasulli. Il passaggio dalla riva del tempo alla riva del “dopo” è come la traversata di un fiume impetuoso: meno pesi si portano, più si è spediti senza venire travolti dalla corrente.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata