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Principi a Boston

Kate e William son venuti a trovarci a Boston per qualche giorno, e ci hanno incantati. Il futuro Re d’Inghilterra e moglie son stati in città tre giorni, in un tourbillon di sorrisi, premiazioni di progetti sulla lotta al cambiamento climatico, partita di basket, incontri con la plebe, traffico impazzito.

Stupendi, reali, son sicuro che da lassù la Regina Elisabetta sia contenta del nipote erede al trono e della futura regina consorte. Anche Biden è venuto a trovarli, alla biblioteca Kennedy piena di famigliari della dinastia più importante d’America. Niente da fare: Kate e William sono chiaramente dei royals, tutti gli altri seguono a debita distanza. Che siano venuti a controllare come vanno le colonie?

In America andiamo matti per la famiglia reale britannica: anche in questo caso centinaia di persone accampate al freddo per poterli salutare fuori dall’albergo o nelle strade. Alla serata di gala per la consegna dei premi alla ricerca, Kate con vestito verde shocking e collanona imperiale di smeraldi ha lasciato tutti senza fiato. Curioso che tutta questa ammirazione ed eccitazione per la visita dei principi succeda qui a Boston, culla dell’indipendenza americana e dell’affrancamento dalla Gran Bretagna. Il centro della città mostra con fierezza tutti i posti, documenti e fatti storici che ci hanno portato a buttare il tè in mare e dare un calcio agli inglesi. Passano un paio di secoli e siamo qui a scodinzolare festosi al loro arrivo. Come mai?

23 milioni di americani han guardato il matrimonio di Kate e William, 30 addirittura quelli incollati agli schermi per i funerali di Diana, e sui social media non ne parliamo: seguiamo i loro post con devozione da sudditi. Uno dei motivi per cui amiamo la famiglia reale britannica è la loro unicità: sono percepiti come diversi da tutti gli altri. A questo si aggiunge il fatto che rappresentano le favole di Walt Disney, quasi meglio dei cartoni animati originali. Infine, la Regina Elisabetta è riuscita a creare un brand più forte di qualsiasi altro sul mercato: ogni nascita, matrimonio, funerale, viene presentato come un evento esclusivo, come un’occasione per sentirsi intimi alla famiglia, che peraltro si chiama The Firm (l’azienda).

La serie televisiva The Crown (la corona), che riprende l’evoluzione del regno di Elisabetta, ha registrato i massimi indici di ascolto e tutti ne parlano, ancora oggi. Per noi Kate e William sono delle celebrità assolute, meglio degli attori hollywoodiani, inarrivabili. Questa visita ha sicuramente colto nel segno: han lasciato Boston con più fan di quando sono arrivati. Ed ora che ci han lasciato, torniamo alla routine coloniale, è ora di lavorare.


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In questo numero hanno scritto:

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Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata