I Maestri si trovarono insieme a Napoli nel 1917, frequentarono il Teatro San Carlo ma anche girovagarono nei quartieri della Città, inebriati dall’atmosfera multiforme tutta suoni e colori.
“Entrambi fummo molto colpiti dalla commedia dell’arte, che vedemmo in un’affollatissima saletta che puzzava d’aglio”. Così scrisse Stravinsky nelle sue memorie ricordando anche Pulcinella, la maschera napoletana per eccellenza che il musicista e il pittore studiarono, curiosi.
Non sapevano, i due, che Pulcinella sarebbe tornato a unirli di lì a poco. Nel 1919 Djagilev (il famoso impresario dei Balletti russi) propose a Stravinsky di lavorare a un balletto con Pulcinella come soggetto. Il compositore accettò sapendo di poter avere al suo fianco l’amico Picasso per scene e costumi.
Ne nacque una grandiosa opera d’arte che segnò un nuovo corso per entrambi gli artisti.
A Stravinsky - ammaliato dalla musica settecentesca napoletana “per il suo carattere popolare e il suo esotismo spagnolo”, come lui stesso scrisse - era stato chiesto di rielaborare musiche di Pergolesi (un grande della Scuola musicale napoletana) e di autori minori del Settecento che Djagilev aveva in gran parte ritrovato nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli.
Così il compositore, folgorato dall’esperienza immersiva nella musica del passato, proprio col balletto “Pulcinella” diede avvio al suo periodo neoclassico.
Stesso passaggio al classico per Picasso che a Napoli era andato alla ricerca dei cosiddetti “gouaches”, le tempere della Scuola di Posillipo, come risulta dai bozzetti nel suo diario di viaggio; aveva studiato i tratti e le movenze della celebre maschera, d’ispirazione poi per i costumi.
Il balletto fu presentato all’Opéra di Parigi nel 1920. Ebbe un grandioso successo di pubblico. I critici invece si divisero tra accademici scandalizzati dalla commistione Pergolesi-Stravinsky e nuove generazioni incantate.
La storia del “Pulcinella” è tratta da un canovaccio napoletano del 1700 in cui si intrecciano seduzione giocosa, equivoci e travestimenti tipici della commedia dell’arte.
Il tutto ruota intorno al protagonista ma già dalla prima messa in scena a uscirne vincente fu anche l’atmosfera partenopea che ne scaturiva, musicale e non solo. Picasso l’aveva riassunta così: “Pompei chiude alle quattro, Napoli non chiude mai, è una performance non stop”.