Le parole hanno un destino piuttosto singolare: possono essere pietre che uccidono, medicina che guarisce, fumo ingannevole, arma con grande forza persuasiva. Le parole inutili e sbagliate nascono male e producono rovina. “Le parole possono cambiare il destino di chi le pronuncia e di chi le ascolta”. (Yehuda Berg) Oggi c’è la tendenza diffusa a riempire il tempo con parole e attività, per evitare l’angoscia del vuoto. Molti hanno sempre la bocca in movimento, non stanno mai zitti, ma in effetti non dicono mai niente o peggio, si complicano la vita. Le troppe parole, generando rumore, riempiono e proteggono ma, quando il rumore dilaga è molto probabile che i pensieri siano disorientati e compulsivi. Assordati, perdiamo lucidità. Il pensiero ha bisogno del silenzio che ci regala attimi di intensa e reale sintonia con il mondo. La maggior parte delle persone ha molta difficoltà a sostenere il silenzio. “L’uomo moderno vive in uno stato di bassa vitalità (…). Ha ridotto la vita stessa a una serie di esercizi verbali e intellettuali, si annega in un mare di parole”. (Fritz Perls) Il silenzio, antitesi del rumore, è il presupposto della parola. Per essa serve l’ascolto, e per ascoltare è indispensabile il silenzio. “Non c’è parola senza silenzio”. (David Le Breton, Sul silenzio. Fuggire dal rumore del mondo, edizioni Cortina) Il silenzio è lo strumento fondamentale per entrare in comunicazione e in contatto con l’Altro. (Antonio Galdo Non sprecare, Einaudi) Il pensiero che produce il contenuto e la parola che lo realizza sono gli strumenti dell’arte comunicativa. Quando la comunicazione è preda di pesanti interferenze la situazione diventa complicata se non impossibile. I pensieri plasmano le parole. Una società liquida genera un pensiero confuso, che, a sua volta, genera un linguaggio confuso che permette di manipolare la realtà e di persuadere facilmente gli interlocutori. Discorsi, giornali e social media sono diventati una sorta di imbarazzante “vetrina mediatica” dove, politici e giornalisti, attori e cantanti non risparmiano il fiato e sul palcoscenico pubblico, a ruota libera, si sentono liberi di affermare tutto ciò che passa per la loro mente, non importa se fasullo, offensivo o volgare. Da una saga di parole inutili, da esibizioni bizzarre e ostentazioni balzane, non possono derivare poesia e bellezza, filosofia e sapienza. Purtroppo, la principale protesi che accompagna la vita dell’uomo contemporaneo è il rumore delle parole inutili, delle notizie false, delle canzoni insensate. Oggi non possiamo più fare a meno di parolai che promettono l’impossibile e poi ci lamentiamo di chi si limita a parlare ingannando con promesse e attraendo con banalità. Informatori trasformati in abili illusionisti, pagati con lauti compensi, si muovono inondando il tempo e lo spazio di insipida retorica, di slogan e frasi preconfezionate, recitando parti volgari e scomposte in modo da colpire l’immaginazione e la pancia dei lettori e degli telespettatori contenti di sentirsi dire cose accattivanti piuttosto che graffianti verità. Facciamo parte di una società caratterizzata da un basso livello dei suoi componenti, segnata da ostaggi pronti a genuflettersi in presenza del “potente” di turno ma anche da parolai aggressivi, volgari, scurrili, abili a semplificare e banalizzare i problemi, occultare le difficoltà, blandire i vizi pubblici e privati proposti come virtù. Vengono a proposito le parole del Budda: «Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire» e, per quanti si dicono cristiani, quanto disse Gesù: “Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato”. (Mt.12, 36-37)