LA Realtà aumentata


I ricchi turisti virtuali

Nel primo pezzo, ho introdotto la mia rubrica, con un articolo intitolato “Fino alla fine del mondo”. Ho parlato di realtà aumentata, riferendomi al film di Wim Wenders dall'omonimo titolo. Lo riprendo ricollegandomi ad un aneddoto.

Due anni fa ero a Milano per la presentazione del “Rapporto Assintel” sull'andamento dell'Information & Communication Technology (ICT) in Italia. Il moderatore dell'evento era Marco Camisani Calzolari, che conosco da quasi vent'anni e che oggi è diventato famoso al grande pubblico per le sue apparizioni in TV in qualità di divulgatore digitale: in questo periodo lo possiamo seguire spesso su Striscia la notizia.

Marco, nella sua presentazione introduttiva, aveva espresso un concetto che sinceramente in tanti anni non mi era mai passato per la testa, ma che mi ha fatto riflettere moltissimo nei giorni successivi. Al termine della presentazione abbiamo fatto due chiacchiere sull'argomento, ma non è riuscito a convincermi completamente sulla sua ipotesi, che a prima vista può sembrare semplice ma che se si avverasse comporterebbe conseguenze sociali impressionanti.

Secondo Marco (ma leggendo poi vari articoli in merito anche secondo molti studiosi), in futuro in molti settori, tra cui il turismo, la realtà aumentata giocherà un ruolo importantissimo.
Vi sarà una fascia di popolazione non certo limitata numericamente che “non potrà permettersi” di viaggiare, ma potrà “visitare” virtualmente i luoghi turistici più famosi semplicemente indossando un casco per la realtà virtuale o addirittura vivendo una esperienza olografica. Detto così sembra un concetto semplice e già metabolizzato da tutti noi: pensiamo a quanti film di fantascienza ci hanno insegnato come la realtà virtuale potrà sostituire in futuro la presenza fisica con maggiore comodità e minore dispendio di energie.
Il paradosso è che questa ipotesi viene avanzata nel momento in cui il turismo mondiale ha raggiunto il massimo storico di viaggiatori a livello mondiale anche grazie alla forte crescita della “classe media” presente nel sud-est asiatico ed in particolare in Cina.

Secondo la World Tourism Organization, la crescita del traffico turistico è destinata a crescere negli anni: le previsioni fino al 2030 stimano una crescita annua del 3%, raggiungendo l'impressionante cifra di 1,8 miliardi di viaggi turistici l'anno.
Sembrano numeri spaventosi ma non dimentichiamo che le previsioni demografiche stimano che nel 2030 sulla terra vivranno 8,5 miliardi di persone. L'aumento della domanda turistica potrebbe far aumentare i prezzi: pensiamo a recenti iniziative come ad esempio l'introduzione del “numero chiuso” e pagamento di un ticket per la visita a Venezia. D'altra parte l'espansione delle compagnie low cost che pensavamo inarrestabile, potrebbe subire a breve un rallentamento, per vari motivi.

La tecnologia virtuale, se raggiungerà alti livelli di realismo ma soprattutto costi irrisori, potrebbe diffondersi anche nei paesi più poveri del mondo. Pensiamo ad esempio alla diffusione di smartphones nel continente africano che in 10 anni ha letteralmente stravolto il modo di vivere di intere nazioni.
Unendo tutte queste considerazioni, viene quindi da pensare che una tecnologia una volta destinata a pochi e ricchi nerd appassionati di “virtuale”, possa nel prossimo futuro rappresentare l'unica possibilità di “svago turistico” per l'80% della popolazione mondiale, relegando quel 20% di viaggiatori “reali” ad una “privilegiata” classe di turisti. Anche in Europa, giovani senza grandi capacità di spesa ed anziani con ridotte possibilità di movimento potrebbero beneficiare di questa tecnologia.

Insomma, mi sembra uno scenario piuttosto inquietante. Preferisco pensare che il vero utilizzo di questa innovazione, per lo meno all'inizio, sarà per scegliere meglio la meta da visitare fisicamente.

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