IL Digitale


Hype e realtà

Hype è un termine che si sente di continuo nel mondo digitale: a molti piace tradurla come “figo”, ma in realtà sta per “montatura”, un qualcosa che puzza di fregatura.

In questo istante si può spargere Artificial Intelligence su tutto per aumentare il grado di interesse ed attirare giornalisti, investitori e start-up, ma due temi sono al centro dell’attenzione: le blockchain e l’operational excellence. La cartina di tornasole per dire quanto sono caldi questi fue argomenti è il prezzo del biglietto di ingresso alle conferenze dove se ne parla: $ 4500 a persona.

Le prime nascono come soluzione al problema del controllo e distribuzione dell’informazione. Invece di raccogliere tutti in dati in un unico database, che potrebbe essere manomesso o distrutto, le blockchain consentono di ricopiare lo stesso dato in tantissimi database, rendendo quindi più sicuro e democratico il controllo dell’informazione.  Questo concetto ha infervorato schiere di sviluppatori software, che con adeguato mix di idealismo e fuffa si son lanciati a creare piattaforme, applicazioni e le famose cryptovalute, apprezzate anche dai criminali per riciclare i loro 30 denari.

La realtà delle blockchain è interessante: da un lato non c’è un indirizzo organico e strutturato allo sviluppo della tecnologia, e questo comporta performance e consumi energetici proibitivi. D’altro lato la chimera del facile guadagno porta gli sviluppatori a saltare di palo in frasca, contribuendo proprio a quelle repentine variazioni del valore delle singole applicazioni che scoraggiano le aziende dall’adottare queste innovazioni.

L’operational excellence è la versione digitale di metodi di gestione del business ben conosciuti, come l’analisi e il miglioramento dei processi. Quando si pensava di aver raschiato il fondo del barile per estrarre efficienze da attività come approvvigionamenti, fatturazione, produzione e logistica, adesso adottiamo robot ed intelligenza artificiale per convincere i clienti a dare più soldi a consulenti e software house. In questo caso l’hype è presto detto: si cerca di far credere che spruzzando dosi abbondanti di robotica ed algoritmi intelligenti sul business, all’improvviso si possano risparmiare ulteriore risorse e fatiche.

La realtà è ovviamente più complessa, perché ogni lavoratore di qualsiasi processo aziendale normalmente esegue una moltitudine di attività, e solo quelle assolutamente ripetitive possono essere robotizzate. Un impatto importante di queste tecnologie è il rientro di migliaia di posti di lavoro da paesi in via in sviluppo come l’India a poche decine in USA. Questi robot costano $15,000 ma lavorano 24 ore al giorno, e consentono quindi di annullare il vantaggio competitivo dei paesi con costo del lavoro inferiore.

Questa rubrica è dedicata a Millenial e Gen Z che entrano e crescono professionalmente in un business sempre più globalizzato e reso piatto dalle tecnologie digitali che facilitano l’accesso a informazioni e risorse sparse per il mondo. Senza riprendere le simpatiche imitazioni di Maurizio Crozza, dobbiamo pensare che ogni mattina in Africa, Cina o America si svegliano coetanei pronti a correre per migliorare la propria capacità di spesa e qualità della vita. Si può correre più veloce di loro, o si può trovare la nicchia di mercato meno competitiva. Nel distinguere tra hype e realtà riusciamo a separare la fuffa dalle tecnologie ed aree di sviluppo veramente importanti, e magari prenderci un leggero vantaggio sugli inseguitori.

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In questo numero hanno scritto:

Filippo Baggiani (Torino): commerciale settore moda, scrittore allo stato quantico
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica, scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Angelo Codevilla (California): professor emeritus, viticoltore, tifoso di Tex Willer
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale
Marinella Doriguzzi Bozzo (Torino): da manager di multinazionali allo scrivere per igiene mentale
Marta Fossati e Luca Giacosa (Sambuco, Cuneo): pastori di capre meticce
Pietro Gentile (Torino): bancario, papà, giornalista, informatico
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione