IL Digitale


Bias e privacy sui Social Media

Martedi 17 novembre Zucki e Jack, ossia i CEO di Facebook e Twitter, son stati grigliati dalla commissione giustizia del Senato americano. Purtroppo questo teatrino ha solo due protagonisti, il resto sono comparse impreparate che litigano tra loro evitando di essere veramente incisivi, ma questa volta è finalmente uscito il re nudo.

La convocazione seguiva la censura di un dubbio articolo del New York Post sul figlio poco furbo di Biden, con i repubblicani a brigare di complotti anti-Trump ed i democratici a richiedere improbabili standard morali. Ma alla fine...

... il nodo è venuto al pettine: i social media sono piattaforme o editori?

Una legge del 1996 (che equivale agli antichi egizi in termini digitali) mette quelle che allora erano banali bacheche digitali al pari delle telecomunicazioni: se un tizio fa discorsi razzisti, o racconta falsità al telefono, non potete prendervela col fornitore di telefonia mobile.  Al contrario se un giornale pubblicasse articoli razzisti o falsi verrebbe citato in giudizio per danni, e quindi blocca la pubblicazione di testi ed immagini pericolose.

In tutti questi anni i social media hanno cercato in tutti i modi di rimanere classificati come piattaforme, ed anche quando Obama ha scatenato la campagna per la moralizzazione dei contenuti e la verità scientifica, Zucki e soci hanno usato censori a contratto e delegato al di fuori dell’azienda l’attività editoriale di controllo. Per un approfondimento sulla Sezione 230 raccomando questo.

Facebook ha 2,6 miliardi di consumatori e ricavi di $95 miliardi dalla pubblicità, raddoppiati negli ultimi due anni. Tutte gli sforzi dei social media sono tesi a preservare ed aumentare consumatori e ricavi, e questo si fa solo conoscendo sempre meglio tutti i dettagli delle persone, per poter vendere pubblicità sempre più mirate.  Conoscere le inclinazioni, bias (pregiudizi) e convizioni della gente serve solo a maniporlarli, per portarli nella direzione richiesta. Ne discende che i social media non vogliono moderare o sopprimere nessun punto di vista, per quanto vergognoso o idiota possa essere, proprio perché contribuisce a definire a tutto tondo la persona che posta, apprezza o condivide il contenuto, rendendone più facile la manipolazione.

Chi ha da guadagnarci in questa battaglia sono aziende come Apple, o Amazon, che possono fidelizzare ancora più clienti offrendo telefoni e computer che proteggano la privacy degli "utonti" che troppo facilmente rivelano tutto di sé sul web. Solo ieri Facebook ha reagito malissimo al nuovo sistema operativo per iPhone che renderà più difficile tracciare le pecorelle a zonzo sui social media. Bell’articolo qui.

Queste vicende di cronaca digitale ci aiutano a riflettere sul ruolo pervasivo della tecnologia, che non è mai buona o cattiva ma spesso utilizzata per uno scopo perso di vista, il profitto ad ogni costo. La tecnologia si evolve in modo rapido e disordinato, ed i riferimenti di legge diventano inutili velocemente, quindi l’approccio normativo per controllare cosa fanno le aziende serve a poco. Quel che serve è la nostra capacità critica di lettura, una sana dose di sarcasmo e scetticismo di fronte a qualsiasi post, e quindi la capacità di scegliere come comportarci coi nostri 85 miliardi di neuroni.  Un ultima lettura qui.

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il chimico scettico (--): Anni di progetti per pharma big e non così big (sviluppo chimico e drug discovery). Altro non è dato sapere.
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite