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Woke bastian contrario

La parola “woke” (sveglio) entrò come sabbia nei denti sotto Obama, grazie ai buoni e giusti del partito Democratico, con Michelle che volava alto quando gli avversari erano in basso, Hillary che dava del deficiente a chiunque non la pensasse come lei, e coi tanti cartelli BLM piantati nei giardini rasati delle ZTL.

I concetti woke hanno portato una serie di storture: dal taglio dei fondi alla polizia, al far gareggiare trans con le donne, fino ad un avvitamento sociale che ha danneggiato il partito e favorito la sua sconfitta alle presidenziali.

Il problema principale del woke moderno è la censura alla libertà d’espressione, ossia rendere paria chiunque dica qualcosa non sancito dalla leadership buona ed onnisciente. Comici, autori e politici sono stati censurati, licenziati e portati alla rovina per aver espresso delle idee, giuste o balzane finche’ si vuole, ma sempre idee. Musk ha reagito spendendo $44 miliardi per dare una piattaforma aperta al confronto, e con molto ritardo Facebook ha poi eliminato le schiere dei censori a pagamento.

Tutto bene? Abbiamo riportato l’America nel pieno rispetto della libertà d’espressione, lasciando che la gente si possa offendere, ma senza incarcerare nessuno come fanno nel Regno Unito, Francia o Germania? Non del tutto: vediamo segnali di uno zelo bastian contrario, un woke repubblicano.

Le prime avvisaglie furono le manifestazioni pro-Palestina, accomunate ad arte con esagitati pro-Hamas, che non vogliono tanto la pace quanto l’eliminazione di Israele. Con un senso del comico impagabile, sono stati arrestati anche tantissimi ebrei ortodossi, figli e nipoti dei reduci dei campi di sterminio, che chiedevano la fine della guerra di Netanyahu. Lo stesso teatro dell’assurdo s’è visto sui campus universitari, dove i manifestanti son stati classificati come terroristi ed espulsi dagli studi, o han visto la propria laurea revocata. Pochi episodi violenti a danni di studenti ebrei sono stati generalizzati, mentre son passati in cavalleria quelli fatti dagli studenti pro-Bibi.

Negli ultimi giorni lo stesso bavaglio woke si vede nei commenti sulla gestione degli immigrati illegali. Il problema qui è complesso: secondo le stime dell’amministrazione questi si dividono tra 850.000 criminali veri (ladri, truffatori, omicidi, spacciatori), 1.100.000 senza colpa perché arrivati qui da bambini, e circa nove milioni di disgraziati che arrivati illegalmente hanno poi lavorato, pagato le tasse e costruito una vita precaria. Le manifestazioni per i ragazzini innocenti catturati a scuola, o per i raccoglitori di pomodori in California, son state subito marchiate come violente a favore dei criminali.

Il termine “woke” nasce nel 1930, per indicare il risveglio della popolazione di colore sul tema delle ingiustizie raziali. Anni dopo Martin Luther King, nel discorso “Remaining awake through a great revolution” del 1968, invita gli americani a restar svegli, attenti ai cambiamenti sociali ed alle ingiustizie. La parola torna risorge storpiata nel 2014, a causa dell’uccisione del nero Michael Brown ad opera della polizia: da li partirono i cartelli BLM nei giardini dei ricchi, cui faceva tanto comodo mostrarsi buoni ed inclusivi.

Questa nuova connotazione moralista, per cui uno pretende di essere giusto ed avere ragione mentre l’avversario è imbecille, ha portato Trump a farne un obiettivo politico, chiedendo l’eliminazione delle tematiche di giustizia sociale dalla scuola e dalla gestione della cosa pubblica. Quello che avrebbe potuto rimanere un freno al totalitarismo, consentendo a tutti di esprimere liberamente le loro opinioni ed esser tranquillamente insultati, s’è invece trasformato in un boomerang, un woke al contrario.

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Zafferano

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