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Sovvenzioni e Sanzioni, due boomerang

Il nostro Presidente sta mantenendo un paio di promesse elettorali importanti: sovvenzionare la crescita della produzione e degli investimenti esteri a casa nostra, e martellare di sanzioni commerciali gli avversari geopolitici, dalla Cina, alla Russia ed altri minori. 

Queste due armi all’inizio appaiono efficaci: il tasso di disoccupazione USA è ancora ai minimi, e la Cina è venuta a più miti consigli per non compromettere le esportazioni. Il problema di sovvenzioni e sanzioni è che son dei boomerang, che puntualmente tornano addosso a chi li ha lanciati.

Qui in America sono stati già investiti $422 miliardi in attività produttive nel primo semestre, e passeremo i mille miliardi entro la fine dell’anno. Fabbriche di chip, batterie, di ogni ben di Dio si rimettono a nuovo o partono da prato verde per dar lavoro agli americani e renderli meno schiavi delle importazioni esteri. Le sovvenzioni sono così forti che anche grosse multinazionali radicate nel loro paese di origine, come Volkswagen, rinunciano ad investire in patria per farlo qui. La guerra ucraina aiuta, perché in questo momento di unità contro il nemico comune, viene difficile al Macron o Scholz di turno protestare per la perdita di investimenti produttivi. Già Biden magnanimo, pacifista e democratico ti sta aiutando a proteggerti contro il diabolico russo, cosa stai a far le pulci sulle fabbrichette, suvvia. Anzi, l’Europa acquista ancora più gas naturale dall’America a prezzi esorbitanti, giusto per tener felice l’alleato atlantico.

Fino a che c’è pieno impiego, si sfornano chip e batterie come baguette, che problema c’è? Quando gira questo boomerang, quand’è che ci torna sulla zucca? Il problema delle sovvenzioni è che drogano il mercato, che si finisce per produrre oggetti non concorrenziali e con processi non efficienti, è solo questione di tempo. I chip e le batterie di oggi, con tutta la ricerca scientifica che li investe, potrebbero essere inutili domani. Dall’uso del litio, con tutti i suoi problemi estrattivi, già oggi si vedono batterie a stato solido che usano altri materiali, vanno altrettanto bene e costano molto meno. Se avete appena fatto la fabbrica per produrre batterie che tra due anni non compra nessuno, state per bruciare milioni di dollari e migliaia di posti di lavoro. I chip che si producono in Texas costano il 30% in più di quelli fatti a Taiwan, e proviamo ad immaginare cosa succeda quando le sovvenzioni finiscano: le fabbriche texane chiudono. Veniamo alle auto elettriche: oggi solo Tesla e due cinesi producono con buoni margini senza sovvenzioni, le altre aziende galleggiano solo grazie agli aiuti statali. Toyota e Bosch scommettono sull’idrogeno: se riescono nella loro sfida tecnologica, gli sforzi sovvenzionati sull’elettrico si sgonfiano. Da ultimo, le aziende son sempre pronte a prendere sovvenzioni, e dopo qualche PowerPoint politicamente corretto, scappare col bottino. Tesla restituisce allo stato di New York solo il 54% di quanto ha preso in sovvenzioni per la fabbrica di pannelli solari, i contribuenti non sono contenti del loro investimento.

Allo stesso modo le sanzioni, che a volte tassano in modo proibitivo, oppure vietano completamente il commercio di questo o quel prodotto, sono sempre dannose nel medio periodo. Cosa succede se impediamo alla Cina di comprare i nostri chip e le tecnologie per produrli? Inizialmente si sviluppa un mercato nero importante, dove i chip continuano ad essere venduti a Pechino, ma raddoppiati nel prezzo. Poco dopo, costretti dai costi proibitivi, imparano a farne di nuovi, più economici, e si affrancano dalla nostra dipendenza. Ed ecco il boomerang tornarci in testa, perché i chipset cinesi son migliori, ed ora i nostri, per cui abbiamo sprecato soldi dei contribuenti, perdono quote di mercato. E dove le vogliamo mettere le mitiche sanzioni su gas e petrolio russi? Anche in quel caso, paesi pragmatici come India, Israele e Turchia hanno fatto un mercato nero, guadagnando il 30% netto sui poveri europei che han pagato pegno. Da quel margine le loro aziende hanno tratto un grande vantaggio competitivo, bastonando le nostre industrie. Anche le sanzioni quindi, al pari delle sovvenzioni, sono politiche che portano benefici nel breve periodo, ma nel medio tornano sulla testa di contribuenti ed elettori come boomerang. I politici di turno sperano di farsi rieleggere prima della legnata, speriamo in bene.


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