Oltretutto, se si segue il cosiddetto “Indice di Miseria” del celebre economista Arthur Okun (basato sui tassi di inflazione e di disoccupazione) bisogna prendere atto che l’indice, cresciuto mostruosamente nel 2021 e nella prima metà del 2022, è poi rientrato.
Comunque sia, innamorato dell’America lo sono tuttora, un po’ meno, specie per la modestia delle leadership presidenziali che si sono succedute, da Bill Clinton in giù. Però non posso dimenticare cosa ha rappresentato l’America per la mia generazione (i sociologi ci hanno battezzato Silent). Cessi di essere giovane quando capisci come va il mondo, ma giovane lo ritorni quando sei un vecchio, culturalmente attrezzato per non essere più gabbato.
Volutamente non ho voluto parlarne con l’amico Roberto Dolci. Lui domina perfettamente quel mondo, e produce analisi impeccabili sul pianeta America. Il mio è un Cameo intimo, da innamorato di un’America che forse non c’è più, o forse mai è esistita, forse era solo nei miei sogni, di uno che a fine vita teme un finale non gradito per il mito della sua adolescenza.
Sono partito da un altro indice che seguo da quando in America lavoravo: il debito delle carte di credito. Leggo, parola della FED, che nell’ultimo periodo il debito delle carte di credito ha sfiorato il trilione di dollari con un aumento, rispetto al trimestre precedente, di 350 miliardi di $.
Nella mia ricerca di cercare di capire attraverso i “segnali deboli”, su Italia Oggi, a firma Filippo Merli, tempo fa ho trovato il caso di una cinquantacinquenne addetta a un minimarket di Birmingham, Alabama, Immel Cross. Costei alcuni anni fa ha subito, in successione, tre interventi chirurgici, andando in “rosso” sulla carta di credito, per 550 $. Pur guadagnando 16 $/ora, causa l’aumento generalizzato dei costi da inflazione, si ritrova ora un “rosso” salito rapidamente a 3.000 $. E in America “stare indietro nei pagamenti” non è una bella cosa perché i debitori colà non hanno vita facile. Gli insoluti infatti abbassano il “punteggio di credito” del cittadino e questo dato, per legge, deve essere comunicato alle agenzie addette; ciò comporta, spesso, l’impossibilità di avere un’altra carta di credito o accedere a un mutuo.
Oggi, basta uscire dalle grandi città, dalle ZTL opulente come non mai, e scopri un America cadente, sporca, pericolosa, un terzo mondo in purezza, per me irriconoscibile. Guardi i pali della luce periferici, e ricordi la Mogadiscio che frequentavi negli Ottanta. E’ l’America post apocalittica di The Road (2006) di Cormac McCarty. Si capisce che la manutenzione delle infrastrutture è stata cancellata dai budget locali e federali. Soprattutto capisci perché le generazioni al di sotto dei quarant’anni siano le più indebitate. Una volta, un barbone inglese (la mamma era italiana) mi confessò: “La tua vita si gioca nel primo mese di povertà. Quando stai un mese pulendo i vetri delle auto ai semafori, mangi alla mensa dei poveri, non ti lavi più, la tua ragazza non risponde più alle tue chiamate, dormi all’aperto, a quel punto capisci che è finita. Non sei più un cittadino, il tuo destino è segnato, sarai un homeless perenne. In appena un mese la tua vita l’hai persa. E non puoi più ricuperarla”
Eppure, se ascolti i politici dell’una e dell’altra campana, e i loro maggiordomi locali o europei, per l’America le cose non sono mai andate così bene. La stampa di regime si vanta persino che un anno di guerra ucraina è costata al contribuente americano appena 65 miliardi $ e zero soldati americani morti, rispetto alla migliaia di miliardi spesi in Iraq, in Afghanistan, e relativi morti.
Mancano meno di ottant’anni per concludere quello che è stato definito, con largo anticipo, il Secolo Americano. Xi Jinping tace ma si capisce che non ci sta, punta alla supremazia della Cina su tutti. La Cina trasferisce apprensione, l’America non riesce più a trasferire entusiasmo. Noi europei siamo stanchi, ammosciati, spesso ridicoli.
Come finirà? Lo capiremo solo vivendo.